ESPORTAZIONI: IL BOOM DELL’UMBRIA.
ESPORTAZIONI: IL BOOM DELL’UMBRIA. INCREMENTO DEL 25,1% NEL PRIMO SEMESTRE DI QUEST’ANNO, SECONDO SOLO A QUELLO DELLA VALLE D’AOSTA, DELLA SICILIA E DELLA CALABRIA. E’ ARRIVATO IL MOMENTO DELLA BUONA OCCUPAZIONE
I dati forniti dall’Istat sulle esportazioni italiane nel primo semestre di quest’anno confermano il buon momento dell’economia umbra. Infatti la nostra regione, con il suo +25,1% di incremento segna un record assoluto per il Centro Italia che è mediamente cresciuto del 15,1%. Si tratta dell’incremento maggiore in assoluto, superiore al +22,8% messo a segno dalle Marche.
Ma non basta, perché l’Umbria si piazza al quarto posto a livello nazionale (l’incremento medio italiano è stato dell’11,6% rispetto al 2006), dietro la Valle d’Aosta, che si segnala per uno stratosferico +73,2%, la Sicilia (38,8%) e la Calabria (+38,6%), distanziando di un bel po’ regioni storicamente più forti dal punto di vista produttivo come la Lombardia (+11,2%), il Piemonte (+6.8%), il Friuli-Venezia Giulia (+13,7%), l’Emilia Romagna (+12,6%) ed il Veneto (+8,1%).
Tornando al Centro Italia va considerato che sia il Lazio che la Toscana hanno segnato incrementi nell’ordine del 12%.
Ciò che conforta è poi il fatto che la crescita delle esportazioni umbre non si deve a pochi comparti produttivi, magari fortemente influenzati dalla presenza di imprese di grandi dimensioni, come ad esempio le acciaierie ternane, perché, se è vero che c’è stata una crescita consistente per quanto riguarda la lavorazione dei metalli e dei prodotti in metallo, altrettanto evidenti sono stati i progressi messi a segno dal comparto metalmeccanico, da quello degli apparecchi elettrici e di precisione, per continuare con le macchine e gli apparecchi meccanici, con la gomma e le materie plastiche, il tessile e l’abbigliamento, i prodotti chimici e le fibre sintetiche e artificiali.
Ciò sta a sottolineare il ruolo assunto dall’industria manifatturiera umbra nello sviluppo complessivo dell’economia regionale e l’importanza di adeguate politiche di sostegno, nella prospettiva anche della creazione di maggiori occasioni di lavoro per i nostri giovani: un lavoro buono e, soprattutto, non precario.
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