ACQUA: SE CRESCE LA PRESENZA DEI PRIVATI CRESCONO COMUNQUE ANCHE LE TARIFFE.
ACQUA: SE CRESCE LA PRESENZA DEI PRIVATI CRESCONO COMUNQUE ANCHE LE TARIFFE. LE CURIOSE ARGOMENTAZIONI DEL PRESIDENTE DELL’ATO N. 1
Il presidente dell’Ato n. 1, Massimo Perari, sostiene che l’operazione “Umbria Acque” non può essere considerata una privatizzazione e che si debba piuttosto parlare di partecipazione dei privati alla gestione di un’azienda la cui maggioranza resterà comunque saldamente nelle mani pubbliche. Ergo, gli utenti del sevizio idrico non hanno nulla da temere da tutto ciò, anzi ne ricaveranno solo benefici perché –ci spiega ancora- cedendo ai privati ulteriori quote di azioni, Umbria Acque ricaverà capitali da investire per migliorare le sue prestazioni.
In sostanza, dovremmo guardare a questa accresciuta presenza dei privati in un settore così delicato come ad una manna che ci piove dal cielo, una sorta di munifico dono che ci viene elargito da investitori in vena di generosità che dovremmo addirittura ringraziare per questo.
E invece, da scettici incalliti come siamo, continuiamo a dubitare. Il fatto è che per noi, e per molti altri che la pensano come noi (un tempo anche tanti socialisti, per non parlare di quanti, militando ora fra i Ds marciano allegramente verso il più liberale Piddì), la migliore gestione di un’azienda pubblica è quella che si chiude a fine anno con un risultato il più prossimo possibile al pareggio: tante le entrate e altrettante le uscite, accantonati, naturalmente, i capitali per ammortizzare gli investimenti passati e programmarne di nuovi. Pareggio perché non ci siano aggravi per la collettività, ma neppure utili che graverebbero inevitabilmente sugli utenti, per cui al presidente Perari rivolgiamo una semplice domanda: conosce, egli, un qualsiasi imprenditore privato disposto ad investire i suoi soldi senza ricavare da ciò un più che lauto guadagno? E’ del tutto evidente che no, quindi, anche mantenendone “salda” la maggioranza pubblica, per forza di cose un’azienda gestrice di servizi che si apra ai privati dovrà per forza di cose tenere conto della necessità di garantire loro una cospicua remunerazione del capitale che vi avranno investito, altrimenti a questo gioco non ci stanno. E chi pagherà questo utile se non l’utente del servizio al quale verranno addebitate tariffe più care?
Altra alternativa non c’è ed i fatti lo dimostrano: nelle nostre aziende sono entrati di recente i privati e, guarda combinazione, con un +24% di incremento medio delle tariffe idriche solo nel 2006, l’Umbria guida con largo margine la graduatoria nazionale dei rincari. Basti considerare, per renderci meglio conto della portata negativa di questo fenomeno, che in nessun’altra parte d’Italia si segnalano incrementi tariffari dell’ordine delle due cifre, tant’è che la regione seconda in classifica, le Marche, si è fermata al +9,6%.
Quanto poi alle somme che si renderebbero disponibili per gli investimenti, non vorremmo che a guadagnarci siano ancora una volta gli investitori privati che, non appena versato quanto è stato loro richiesto per diventare soci, si verranno a trovare comproprietari di un’azienda che, proprio per effetto di quegli investimenti, avrà aumentato il suo valore. “Continua a piovere sul bagnato!”, direbbero i perugini.
Posta un commento