lunedì 3 settembre 2007

UNA PROPOSTA DALL’UMBRIA PER I LAVAVETRI

UNA PROPOSTA DALL’UMBRIA PER I LAVAVETRI: REGOLAMENTAZIONE E NON REPRESSIONE. PRIMA DI TUTTO LA LOTTA AL RACKET

La decisione del Comune di Firenze di perseguire i lavavetri, proibendone l’attività, non poteva non suscitare la protesta di chi ha visto in questo provvedimento l’intento di colpire i più deboli.

Una comoda scorciatoia che ci esime dall’impegnarci nella lotta alle organizzazioni criminali che sovrintendono anche a questo fenomeno, sfruttando spesso anche il “lavoro minorile”, e che al tempo stesso aiuta i politici nella ricerca di un facile consenso popolare perché, è innegabile, che fra i cittadini è ormai largamente passata una cultura di destra alimentata dalla paura che ci incutono i “diversi”, quanti non si integrano perfettamente con il nostro modo di pensare ed il nostro stile di vita.

Una politica intollerante, favorita anche dal sorgere di nascenti partiti, costruiti a tavolino, che, scimmiottando modi di vivere giuntici da oltreoceano, ripudiano ormai perfino nel loro nome ogni legame con la sinistra dalla quale provengono e che nei fatti galoppano freneticamente verso destra, affascinati di volta in volta dal modello Sarkozy e dalla “tolleranza zero” di Giuliani.

Senza con ciò scomodare termini quali “razzismo” o “intolleranza”, Rifondazione Comunista ritiene che anche tale questione debba essere affrontata avendo cura di conciliare le contrapposte esigenze che si manifestano al riguardo: la sicurezza che va garantita ai cittadini che si sentono minacciati da eventuali atteggiamenti offensivi, timorosi che possano sfociare in forme di violenta aggressività, e l’attesa di tanti poveri cristi che guardano a questa pratica come modo per racimolare quanto serve loro per vivere.

Dall’Umbria in particolare, che da sempre è terra di accoglienza, di solidarietà e di civile confronto e incontro fra le genti, ci si attende uno sforzo di elaborazione che possa contribuire positivamente alla ricerca di una soluzione al problema soddisfacente per tutti, capace al tempo stesso di togliere argomenti ai fautori di misure unicamente repressive che, in quanto tali, sono destinate ad accrescere le contrapposizioni.

La soluzione potrebbe essere, allora, quella di regolamentare in qualche modo anche tale attività, riconoscendola dal punto di vista legale.

La cosa non sarebbe difficile da realizzare qualora le nostre Amministrazioni comunali potessero autorizzare l’esercizio di questa nuova “professione”, accogliendo le richieste avanzate al riguardo da coloro che sono interessati a svolgerla. Esaminate le domande loro pervenute, le stesse Amministrazioni comunali, dopo aver riscontrata la posizione di regolarità dei richiedenti (legittimamente residenti in Italia), potrebbero rilasciare loro una sorta di autorizzazione strettamente personale, da rinnovare periodicamente (ogni tre mesi?). Rinnovo che consentirebbe di verificare la disponibilità a continuare nel tempo tale attività ed in caso contrario trasferirne la titolarità ad altra persona interessata a subentrarvi. Una sorta di tesserino, con tanto di fotografia, che il “lavavetri” dovrebbe esibire nel corso della sua attività, con indicato anche l’incrocio semaforico assegnato.

Va da se che, qualora pervenissero all’Amministrazione comunale segnalazioni di cittadini che denuncino l’assunzione da parte di un qualsiasi “lavavetri” di atteggiamenti non consoni, dopo averne verificata l’attendibilità potrebbe disporre il ritiro immediato dell’autorizzazione concessa.

Alla stessa Amministrazione comunale verrebbe inoltre riconosciuto un ruolo “pianificatorio”, nel senso che dovrebbe essa stabilire presso quali incroci semaforici sia possibile esercitare tale attività, così da impedire che gli automobilisti vengano sottoposti a reiterate richieste, a brevissima distanza una dall’altra.

Ai vigili urbani il compito di effettuare controlli periodici, onde verificare il pieno rispetto delle regole eventualmente stabilite e reprimere ogni possibile abuso; agli uffici legali degli Enti il compito di verificare la possibilità di dare attuazione a tali intendimenti, in base alla normativa vigente.

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