giovedì 21 giugno 2007

L’UMBRIA AI VERTICI PER QUALITA’ DELLO SVILUPPO.

L’UMBRIA AI VERTICI NAZIONALI PER QUALITA’ DELLO SVILUPPO. E’ LA SCONFESSIONE COMPLETA DI QUANTI SI AFFANNANO A DESCRIVERE UNA REGIONE ALLO SBANDO CHE NON ESISTE

Non possiamo che esprimere la nostra soddisfazione davanti ai risultati ai quali è giunto il rapporto 2007 di “Sbilanciamoci”, istituzione alla quale aderiscono, come è stato fatto giustamente notare, associazioni e gruppi particolarmente combattivi (Legambiente, WWF, Arci, Movimento dei Consumatori, Emergency, ecc.), che colloca l’Umbria ai vertici nazionali per la qualità dello sviluppo, assegnandole il quinto posto fra tutte le regioni italiane. Si tratta di un rapporto che aggiunge al valore del Pil anche valutazioni riguardanti l’ambiente, i diritti, la salute, il lavoro, l’istruzione, le pari opportunità e la partecipazione. Ebbene, l’Umbria ottiene la piena sufficienza in tutti queste sette grandi categorie che sono state suddivise in 42 indicatori, un risultato che la pone sullo stesso livello delle Marche che ci precedono di un soffio al quarto posto e che al pari di noi hanno guadagnato sette posizioni in questa particolare classifica (l’Umbria in particolare è salita alla quinta posizione partendo dalla dodicesima occupata per la sola produzione del Pil). Giustamente, dunque, nel rilevare queste affinità fra Umbria e Marche, i ricercatori di Sbilanciamoci, che hanno basato il loro lavoro sui cosiddetti Quars (indici di qualità regionale), sostengono che da ciò si ha la riprova che la qualità dello sviluppo non dipende unicamente dal Pil prodotto, essendo fortemente influenzata da modelli comportamentali che discendono dalle indicazioni politiche locali e da un uso diverso della spesa pubblica.

E’ la sconfessione piena di quanti si affannano interessatamente a descrivere l’Umbria come una regione in affanno, attribuendo ogni responsabilità al riguardo proprio alle istituzioni locali colpevoli, a loro dire, di imporci un modello di sviluppo ormai superato. Quello stesso modello che l’Umbria condivide da sempre con le regioni considerate tradizionalmente “rosse”, che si ritrovano, guarda caso, tutte nella parte più alta della graduatoria, precedute solamente dal Trentino Alto Adige che può però contare sui maggiori poteri e, soprattutto, sulle maggiori risorse che gli derivano dalla più accentuata autonomia statutaria che gli è riconosciuta.

Se abbiamo un dovere da compiere è perciò quello di insistere con ancora maggiore convinzione sulla strada che abbiamo sin qui battuta, nel tentativo semmai di raggiungere le regioni che ci precedono e non certo di inseguire verso il basso quelle che, in virtù del modello “alternativo” che ci viene proposto dal centro destra, hanno percorso una strada del tutto inversa rispetto alla nostra: ci riferiamo in particolare alla Lombardia del governatore Formigoni, che, prima per ricchezza prodotta, la ritroviamo solo al decimo gradino per qualità dello sviluppo.

Tutto questo per ribadire che all’Umbria, regione che pure non è mai stata un’isola felice nel panorama nazionale, deve essere comunque riconosciuta una qualità della vita superiore alla media che gli deriva essenzialmente dal fatto di essere riuscita a mantenere nel tempo un elevato livello di coesione sociale.

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