giovedì 31 maggio 2007

NOTA DI STEFANO VINTI: elezioni amministrative

Elezioni amministrative del 27 e 28 maggio in Umbria: nonostante gli errori ha vinto l’Unione. Ora serve più sinistra.

I risultati delle elezioni amministrative del 27 e 28 maggio rappresentano un’occasione concreta per conoscere, approfondire e cercare di capire l’Umbria.

Innanzitutto destano sorpresa i canti di vittoria della destra umbra: la Casa delle libertà ha infatti ottenuto risultati con contorni sfumati, ma non vince, anzi, il centrosinistra in termini di voti assoluti è ampiamente in vantaggio e resta maggioranza nella regione.

A Narni, dove grande è stata la vittoria del sindaco Stefano Bigaroni al quale rivolgo i miei complimenti, Rifondazione comunista e il Centrosinistra ottengono insieme il 73% dei consensi; a Deruta e Bettona il centrosinistra è al 60%; a Todi ci sarà una maggioranza in consiglio comunale composta dalle cinque liste che hanno appoggiato il candidato del centrosinistra Servoli, che sosterremo con forza al ballottaggio, con un positivo risultato di Rifondazione comunista, premiata per la sua scelta di unità, al contrario di Narni dove il Prc presentandosi da solo ha visto dimezzare i propri consensi.

L’Unione si è invece imposta con ampi margini a Monteleone di Spoleto, a Valtopina e a Cascia, comune quest’ultimo che torna ad essere amministrato dal centrosinistra dopo una stagione di governo delle destre.

Detto questo, è del tutto evidente che il risultato elettorale complessivo ottenuto dalle forze dell’Unione non può essere considerato del tutto positivo: ci sono, sì, dei segnali di controtendenza come a Cascia, ma questi segnali non possono coprire le difficoltà del voto umbro. Difficoltà determinate da divisioni incomprensibili agli occhi degli elettori e da ampie difficoltà, ma senza attenuanti, soprattutto per chi non ha lavorato per l’unità del centrosinistra. La coalizione regionale è evaporata e ha abdicato ad un serio e responsabile ruolo di governo politico delle aggregazioni nei territori, incentivando e giustificando nel contempo un’idea della politica arretrata, dove ogni territorio è “piccola patria” per le oligarchie locali. Eppure rivendico che noi siamo stati quelli più impegnati a lavorare sul terreno dell'unità e dell'innovazione sia della teoria sia dell'agire politico.

Troppo tempo è andato sprecato in ragionamenti sui nomi, mentre era necessario che la coalizione regionale indagasse i problemi reali che attraversano i nostri territori. Noi lo abbiamo fatto. Voglio sottolineare che l'astensionismo, che pure c’è stato in Umbria, è figlio della crisi della politica, ma non della politica in generale, ma della politica lontana dai bisogni materiali di donne e uomini in carne ed ossa.

Per questo occorre ribadire come sia indispensabile, in vista dei futuri appuntamenti elettorali, che la coalizione individui unitariamente i candidati sindaci sulla base di progetti politici coerenti: chiediamo con determinazione una dimensione di collegialità che valga oggi e domani e proponiamo processi segnati da fenomeni partecipativi, non costruiti a tavolino, che determinino una dimensione alternativa credibile e spendibile, quindi efficace, percorsi di scelta attraverso il consenso del popolo dell’Unione.

Quello stesso popolo fatto di lavoratori, precari, pensionati, che chiede un rinnovamento delle politiche locali e il ripristino di una forte sintonia: è un compito difficile che esige non solo determinazione, ma anche ricerca continua di momenti più avanzati di discussione, incisività. Un compito i cui risultati dipendono dalla sinistra, ma non solo dalla sinistra. Il governo regionale, l’Unione, rappresenta ancora oggi il livello di mediazione più alta da non abbandonare, ma da cui partire per andare avanti.

Certo il partito democratico, cioè la nuova aggregazione moderata dell'Unione, ha dato una prova deludente: somma, ma non aumenta.

Questo dato indica l’urgenza di una ulteriore accelerazione nel processo unitario della sinistra: bisogna sperimentare un laboratorio umbro della sinistra e costruire una forza abbastanza grande capace di incidere maggiormente nelle scelte del governo, nazionale e regionale.

So bene che alcune posizioni sostengono che non si devono fare forzature, ripetendo che i processi sociali e politici sono complessi, che si deve evitare di fare una unità solo di ceto politico. Adesso, però, che dalle elezioni, dagli elettori, dalla società è venuta una indicazione precisa, non possiamo più aspettare.

Per questo rivolgo nuovamente l’appello a tutte le forze della sinistra, principalmente a Sinistra Democratica, alle forze della Sinistra europea, al Pdci, allo SDI, ai Verdi, ai movimenti, alle associazioni, ai sindacalisti, a singole personalità della politica e della cultura per definire un tavolo regionale permanente della sinistra e cantieri locali in tutto il territorio regionale.

Oggi, perché domani sarà già troppo tardi.

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