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SERVIZIO IDRICO REGIONALE: ALLE TARIFFE ELEVATE NON CORRISPONDE UNA MIGLIORE QUALITA DELLE PRESTAZIONI
Il forte rincaro delle tariffe idriche che si è registrato nella nostra regione Umbria nel 2006 (+24%) ed in particolare nella provincia di Terni (+40), può essere giustificato da una qualità del servizio umbro superiore rispetto a quello prestato nelle altre regioni italiane? Domanda più che legittima alla quale abbiamo cercato di dare risposta ricorrendo ad alcuni dati messici a disposizione questa volta dallIstat, riferiti al 2005, lultimo anno per il quale tali statistiche sono disponibili.
Diciamo subito che la risposta che abbiamo ottenuta è negativa, nel senso che le nostre aziende non garantiscono una efficienza maggiore nella erogazione di questo fondamentale bene, anzi.
Prendiamo, ad esempio, il dato relativo alla regolarità della distribuzione dellacqua, per il quale lUmbria si segnala con un 12,6% delle famiglie che si dicono vittime di disservizi. Una percentuale che nellarea centro-nord del Paese è la peggiore ad esclusione della vicina Toscana (14,2%) ed assai prossima ad un dato medio nazionale (13,8%) che è fortemente appesantito dai pesanti disservizi che sono denunciati nel meridione dItalia.
Né i nostri incrementi tariffari trovano spiegazione nei maggiori costi sostenuti per il trattamento ed il riutilizzo delle acque reflue, dacché i nostri impianti di depurazione coprivano, sempre nel 2005, appena il 42% della popolazione dei comuni con servizio di rete fognaria, rispetto ad una media nazionale che in questo caso era del 55,4%.
Tutto ciò malgrado che per altri versi lUmbria goda di condizioni naturali assai favorevoli: ad esempio, la qualità delle nostre acque è decisamente superiore alla media nazionale, tantè che si rendono necessari interventi di potabilizzazione solo per il 17,4% di quelle prelevate a scopo idropotabile, contro una media nazionale che in questo caso tocca il 31,1%.
Da un lato abbiamo, perciò, che in Umbria spendiamo meno per depurare le acque reflue ed è inferiore anche lincidenza sui costi per il trattamento di potabilizzazione dellacqua prelevata, ma al tempo stesso le tariffe praticate agli utenti sono superiori rispetto a quelle praticate in altre regioni. Illuminante al riguardo il confronto con la Lombardia, regione nella quale il 69% della popolazione è servita da impianti di depurazione ed il 43% dellacqua prelevata deve essere sottoposta a trattamento di potabilizzazione e dove, malgrado ciò, si è avuta nel 2006 una tariffa media di appena 159 euro rispetto ai 246 richiesti agli umbri.
Certo, da noi incidono più fortemente che il Lombardia (dove i prelievi vengono per lo più effettuati dai grandi fiumi) i costi acquedottistici in relazione alle distanze che separano in genere le nostre fonti di approvvigionamento (appenniniche soprattutto) dai luoghi di consumo (emblematico il caso di Perugia), ma certe altre differenze restano del tutto inspiegabili, come ad esempio i 27 euro che secondo Cittadinanzattiva si sono pagati nel 2006 in Lombardia per il servizio fognario, contro i nostri 40 e, soprattutto, i 9 euro lombardi contro i 28 umbri per una non meglio precisata quota fissa, un record nazionale che condividiamo con la Puglia.
A ciò si aggiunga, altro dato assai significativo, la percentuale di utilizzo delle risorse idriche per il consumo umano che ci penalizza nuovamente: in Umbria, infatti, secondo lIstat appena il 68,1% dellacqua prelevata arriva nelle case attraverso le reti comunali di distribuzione, meno del 69,9% del dato medio nazionale. Il resto se ne va per usi pubblici, per sfiori di serbatoi, per furti o prelievi abusivi e, ahinoi, per perdite delle condotte. Anche questo ci dice, dunque, che cè qualcosa da rivedere nellorganizzazione del servizio idrico regionale.
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