venerdì 20 aprile 2007

ASILI NIDO COMUNALI: ANCORA TROPPO DISTANTI DALL’OBIETTIVO DI LISBONA. LA SITUAZIONE UMBRA NEL QUADRO NAZIONALE

Asili nido comunali: qualcosa comincia a muoversi, ma siamo ancora in alto mare, distanti assai dall’obbiettivo del 33% di copertura del servizio che si è data l’Europa per il 2010. In Italia siamo al di sotto del 6%, con grandi disparità fra le diverse regioni.

Questo – spiega un’indagine pubblicata nel febbraio scorso dall’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva- ci costringe a guardare con profonda invidia Paesi come la Francia (29%), l’Irlanda (38%) e la Danimarca (64%) che guidano la graduatoria continentale: il fatto è che da noi si investe a sostegno della famiglia appena lo 0,9% della ricchezza nazionale, mentre la media continentale è a 2,3%. Stando così le cose, la situazione non poteva essere diversa e va considerata tenendo particolarmente d’occhio anche l’aspetto non secondario del costo del servizio per le famiglie che, sempre per Cittadinanzattiva, è attualmente in Italia al di sotto di poco dei 3.000 euro per il tempo pieno (9 ore). Si tratta di un dato medio calcolato per 10 mesi di frequenza, riferito ad una famiglia composta da tre persone (i due genitori più un bambino in età 0-3 anni), con un reddito lordo annuo di 44.200 euro (Isee di 19.900 euro).

Vista in questo quadro tutto sommato l’Umbria non se la cavava troppo male, anche se le nostre tariffe non sono quanto di meglio si trova sul mercato. Da noi la media è comunque più bassa: 255 euro mensili, corrispondenti a 2.550 euro all’anno, con un +1,2% di incremento rispetto ai 252 euro del 2005/2006.

Attenzione, però, perché la situazione non è la stessa fra Perugia e Terni, poiché, se nel capoluogo regionale si pagano 271 euro (+2,3% rispetto ai precedenti 265), nella città dell’acciaio la tariffa è rimasta invece invariata a 239 euro.

Al contrario, per il tempo corto a Terni, che pure non ha aumentato, si paga qualcosina di più: 192 euro contro i 189 di Perugia. Ed anche le ragioni di queste differenze andranno spiegate, malgrado che nel complesso le tariffe umbre risultino essere comunque le più modiche dell’intero centro-nord, dove la ramificazione di questo servizio è più profonda, mentre nel meridione e nelle isole i costi sono più contenuti: con i due estremi rappresentati dal Trentino Alto Adige, dove si toccano i 405 euro mensili, e dalla Calabria con 130, dove prevale però il tempo corto (6 ore), in relazione ad un minore tasso d’occupazione femminile.

Passando alla copertura del servizio, l’Umbria si segnala ancora una volta per la buona posizione occupata nel quadro nazionale: terza fra le regioni italiane con un 8,6% (come si vede, però, ancora ben distante dall’obiettivo comunitario), preceduta unicamente dalla Toscana (12%) e dall’Emilia Romagna (16%). In questo caso la media italiana è del 5,9%.

Quanto a numero delle strutture, ne risultano attive complessivamente 75, per un totale di 2.499 posti disponibili, rispetto ad una popolazione 0-3 anni che è composta da 29.049 unità.

In particolare nei due capoluoghi ne risultano funzionanti 30, mentre nel 2002 ce n’erano solo 20, con un incremento, quindi, del 50%. I posti sono invece passati da 861 a 1067, con un incremento in questo caso del 24%. Malgrado ciò continua a persistere il fenomeno delle liste d’attesa, visto che delle 1.501 domande presentate (1.171 a Perugia, 330 a Terni), ne sono state accolte 1.025 (815 a Perugia, 210 a Terni), restando escluso dal servizio il 30% dei bambini per i quali era stata fatta domanda (32% a Perugia, 36% a Terni).

Ci sarà perciò da lavorare duramente per recuperare il ritardo e cogliere il fatidico 33% del 2010, anche se ci fa ben sperare il fatto che l’ultima Finanziaria ha messo a segno degli ottimi colpi, come i maggiori stanziamenti a sostegno del Fondo nazionale per le politiche per la famiglia (570 milioni di euro per il triennio 2007-2009) e, soprattutto, i 300 milioni di euro che nello stesso triennio saranno a disposizione per avviare una nuova rete di servizi socio-educativi per la prima infanzia, incluso un sistema integrato di asili nido e nuovi servizi territoriali, anche sui luoghi di lavoro, allo scopo di migliorare le opportunità di socializzazione e crescita dei più piccoli, restituire tempo alle famiglie ed incoraggiare l’occupazione femminile.

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