giovedì 5 aprile 2007

BASSI SALARI E PENSIONI, AFFITTI ALLE STELLE

BASSI SALARI E PENSIONI, AFFITTI ALLE STELLE: UNA TRAPPOLA PER MILIONI DI ITALIANI

Affitti più che raddoppiati in 7 anni (dal 1999 al 2006) contro salari e pensioni pressoché ferme: in questa tenaglia sono rimasti imprigionati più di 4 milioni di italiani appartenenti al 20% delle famiglie che non posseggono una loro abitazione. Un dramma che ci ha descritto il Censis in un’indagine, condotta in collaborazione con il Sunia e la Cgil, dalla quale emerge il profondo disagio di quanti in Italia abitano una casa in affitto: i canoni sono saliti alle stelle e si è moltiplicato il triste fenomeno degli sfratti che, in specie dopo l’abolizione dell’equo canone, ha colpito i nuclei familiari che non ce la fanno più ad onorare un impegno che si è fatto sempre più gravoso, oscillando ormai fra i 400 e gli 800 euro al mese. Gli incrementi nel settennio considerato sono stati mediamente del 112%, con punte locali superiori al 128%. Più o meno nello stesso arco tempo (questa volta a dircelo è l’Eurispes), per l’esattezza dal 2000 al 2005, le retribuzioni italiane si sono incrementate appena del 13,7% ed una sorte ancora peggiore hanno subito le pensioni che non sono riuscite neppure a pareggiare l’inflazione. Il risultato è che, se ancora nel 1998 il canone d’affitto si mangiava il 41,09% di un reddito di 10.000 euro, nel 2007 lo ha impegnato per il 60%, lasciando per tutto il resto (vitto, vestiario, ecc.) solo 4.000 euro. Chi vorrebbe destinare alle imprese anche il “tesoretto” recuperato dalla lotta all’evasione fiscale dovrebbe provare a campare in queste condizioni anche solo per qualche mese.
Per aiutare queste famiglie era stato istituito, nel 1998 (Legge 431) un “Fondo di sostegno alla locazione” che poteva contare per l’anno successivo su uno stanziamento di 753 miliardi di vecchie lire (quasi 400 milioni di euro), poi è arrivato Berlusconi al governo e questa somma si è ridotta progressivamente, scendendo ai 209 milioni del 2002. Cifra assolutamente insufficiente per far fronte ad una domanda il continua crescita. Nel 2004 le famiglie che avevano presentato domanda ai Comuni per ottenere il contributo rappresentavano il 6,7% di quelle in affitto e (dati dell’Anci) nei 73 Comuni ad alta densità abitativa erano 105mila circa: di queste domande 92mila furono dichiarate ammissibili e 77mila hanno trovato soddisfazione. La riduzione degli stanziamenti, assieme al taglio delle risorse agli Enti locali, mette a rischio la possibilità di continuare a garantire negli anni a venire anche questi contributi.
Se le cose vanno male in Italia, in Umbria non vanno certamente meglio. E’ vero, da noi la percentuale delle famiglie in affitto è inferiore alla media nazionale, il 14,9% del totale, ma ciò perché con tutta probabilità è rimasto escluso dalla proprietà della casa solo il “nucleo duro” dei redditi più bassi, ovvero le famiglie che vivono una condizione di maggior disagio: qualcosa come 135mila cittadini più o meno. Una quantità non certo trascurabile e che non può essere abbandonata al suo destino, tanto più considerato che le retribuzioni e le pensioni umbre si collocano un buon 10% al di sotto della media nazionale. Anche dall’Umbria si deve perciò levare alta la richiesta di una decisa inversione della tendenza che vede il nostro Paese agli ultimi posti in Europa per le risorse destinate alla politica abitativa: tanto per fare qualche esempio noi impegniamo la miseria dello 0,03% del Pil nazionale, contro lo 0,61% della Germania, lo 0,80% della Francia e l’1% dell’Inghilterra. A ciò si deve il fatto che le abitazioni pubbliche in Italia rappresentino una quota estremamente esigua: il 4,5 del totale delle abitazioni e il 23% di quelle in affitto; un patrimonio costituito sostanzialmente da Edilizia Residenziale Pubblica, a differenza di altri paesi dove sono presenti anche quote più o meno ampie di edilizia residenziale di proprietà di privati non profit e di associazioni ed enti senza scopo di lucro. Mediamente in Europa circa il 15% dello stock abitativo si colloca nel settore sociale in affitto: l’esigua quota italiana pone perciò il nostro paese tra quelli con minore copertura sociale in questo settore, all’estremo opposto di paesi come l’Olanda dove il comparto dell’affitto sociale costituisce il 36% dello stock abitativo complessivo.
Per recuperare questo handicap e sconfiggere il caro affitti si può cominciare dalle proposte che ha avanzato al riguardo il Sunia, e cioè:
- modificare radicalmente la legge che regola gli affitti (431/98), individuando nella contrattazione fra le rappresentanze delle parti sociali il sistema di determinazione dei canoni;
- rivoluzionare la fiscalità nelle locazioni, equiparando il reddito di affitto a quello delle rendite finanziarie, con l’applicazione dell’aliquota unica del 12,5%;
- portare a 500 milioni di euro il fondo di sostegno all’affitto delle famiglie povere;
- finanziare un piano straordinario per la realizzazione di 50.000 alloggi da destinare all’edilizia sociale.

Seja o primeiro a comentar

Posta un commento

Lettori fissi

Stefano Vinti © 2008. Template by Dicas Blogger.

TOP