mercoledì 14 marzo 2007

PERUGIA: TROPPE FAMIGLIE NON CE LA FANNO NEPPURE A PAGARE L’AFFITTO E NON POSSIAMO CHIEDERE LORO ULTERIORI SACRIFICI PER FAR QUADRARE I CONTI PUBBLICI

Il fatto che, come hanno denunciato le associazioni degli inquilini, più di ottomila famiglie umbre che non ce la fanno più a pagare l’affitto di casa si siano rivolte alle loro amministrazioni comunali per ottenere un aiuto, e che per molte di queste, purtroppo, la risposta è stata negativa perché le casse pubbliche sono vuote, dovrebbe suonare come un campanello dall’allarme alle orecchie dei nostri sindaci e dei nostri assessori. E’ l’eredità che ci viene da cinque anni di governo delle destre che ha incrementato la povertà nel paese, ed anche in Umbria, ma la risposta ai nuovi bisogni che tutto ciò ha prodotto non può essere certo quella dell’inasprimento delle tariffe e dei tributi locali.

E’ anche in relazione a ciò che Rifondazione Comunista partecipa con convinzione e lealtà al governo di gran parte delle città umbre, ma lo fa ispirandosi a quella stessa linea di coerenza che segue anche a livello nazionale e che la porta ad escludere anche la pur minima possibilità che il pur necessario risanamento dei conti pubblici avvenga non tenendo in alcun conto il criterio della equità sociale in base al quale a sostenere l’onere maggiore di questo sforzo debba essere chi più ha e, soprattutto, quanti, sottraendosi al loro dovere di cittadini ed incoraggiati in ciò da un premier che equiparava ad un furto il pagamento delle imposte, queste imposte le hanno abbondantemente evase non pagando nulla o pagando troppo poco rispetto alle loro possibilità.

Questa considerazione vale in primo luogo per l’Amministrazione comunale di Perugia che governa una città nella quale sono oltre duemila le famiglie che si trovano nella condizione che abbiamo prima descritta e che tuttavia, nella formazione del suo bilancio di previsione, ha fra le altre cose previsto un innalzamento ai massimi livelli dell’aliquota Irpef. Una misura che, se attuata, si ripercuoterebbe assai negativamente sui bilanci domestici di quelle stesse famiglie e di tante altre ancora. Al Sindaco di Perugia ed alla sua Giunta chiediamo perciò di tenere in debito conto queste esigenze, decidendo di ridurre sensibilmente tale prelievo e di escludere comunque da questa maggiore contribuzione i cittadini a più basso reddito che per noi sono quelli che hanno denunciato un imponibile inferiore ai 12.500 euro annui.

Contrariamente a quanto sostengono certi amministratori, a giustificazione di tale operazione, Perugia non è la città opulenta che ci descrivono, o meglio ancora sono troppi i perugini che questa supposta opulenza non l’hanno mai goduta, come pure sono tanti quelli che fino a qualche anno potevano contare su redditi tali da consentire loro una vita dignitosa e che oggi faticano assai ad arrivare alla fine del mese. Perugia è una città tutt’altro che facile ed anche se il reddito medio dei suoi abitanti risulta essere superiore rispetto alle altre città umbre, va tuttavia considerato che questi scontano un costo della vita altrettanto e forse più elevato che altrove, ad iniziare dall’onere degli affitti. Ma è il costo della casa nel suo insieme (affitti, mutui, bollette varie, ecc.) che si è fatto insopportabile, soprattutto per i nuclei familiari a più basso reddito, quelli per i quali l’Istat ci avverte che questo onere impegna ormai il 25,6 per cento della spesa complessiva, contro il 13,1 per cento di media delle famiglie italiane.

In particolare le famiglie perugine che non possiedono un’abitazione propria, e che rappresentano poco meno di un terzo del totale, scontano pesantemente il fatto che, essendo la nostra una città universitaria, il suo mercato degli affitti è profondamente drogato da una speculazione che prende di mira in particolare gli studenti fuori sede, contribuendo allo stesso tempo a mantenere artificialmente elevato questo costo anche per loro. I perugini sono dunque vittime di una speculazione che è oltre tutto caratterizzata da una elevata percentuale di attività in nero (dai pochi controlli effettuati la metà circa dei rapporti presi in esame è risultata irregolare), per contrastare la quale le pubbliche istituzioni hanno fatto sinora assai poco. E’ anche agendo su questo fronte che possiamo perciò recuperare parte delle risorse che ci servono per far quadrare i conti comunali che per le ben note vicende non tornano, oltre che per reperire le risorse necessarie per assicurare il futuro sviluppo della città capoluogo dell’Umbria.

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