sabato 10 marzo 2007

LAVORATORI DIPENDENTI: VIVERE CON 1.000 EURO AL MESE ED ANCHE MENO

LAVORATORI DIPENDENTI: VIVERE CON 1.000 EURO AL MESE ED ANCHE MENO. ECCO PERCHE’ VANNO INPIEGATE LE MAGGIORI ENTRATE FISCALI PER SOSTENERE I REDDITI PIU’ BASSI DEI LAVORATORI E DEI PENSIONATI

Ma quanto guadagnano i lavoratori italiani? E, soprattutto, le retribuzioni che percepiscono consentono loro di vivere in maniera dignitosa?
Una recente ricerca dell’Istat ci fornisce un quadro abbastanza preciso in materia, anche se viziato dal fatto che i calcoli sono stati fatti sulla base di quanto è previsto dai contratti collettivi per cui non tengono conto, e non possono farlo, della variante “lavoro nero” che falcidia in maniera consistente quella parte non residuale di dipendenti che vi ricade.

Fatta questa premesse si può allora dire che in media un lavoratore dipendente regolare ha percepito nel 2006 una retribuzione lorda pari a 21.293 euro che, divisa per le canoniche 13 mensilità, si riduce a 1.638 euro, sempre lordi, ogni 30 giorni. Se dal lordo si scende poi al netto, ovvero a quanto realmente entra loro nelle tasche, allora le cose si fanno assai serie perché, ad essere ottimisti, fra tasse, contributi e trattenute varie si perde non meno di un 30%, con il che la retribuzione mensile si riduce a 1147 euro di media.

Ma non finisce qui, perché occorre tenere conto anche di un altro fattore, ovvero che le cifre Istat che abbiano indicate si riferiscono alle cosiddette “retribuzioni di cassa”, il che vuol dire che in queste sono compresi gli effetti di eventuali rinnovi contrattuali intervenuti nel corso del 2006, arretrati compresi, visto che di norma da un po’ di tempo a questa parte le scadenze contrattuali sono diventate ballerine. Per cui, se andassimo a distribuire questa voce sui diversi esercizi di competenza, ripartendola per ciascun anno trascorso in vacanza di contratto, otterremmo una retribuzione reale ancora più ridotta.

Parlando di retribuzione media dei lavoratori dipendenti non possiamo poi ignorare che all’interno di questa grande “famiglia” convivono situazioni assai diversificate: e per le differenze contrattuali esistenti fra i diversi settori produttivi e le diverse categorie, e per i differenti ruoli di competenza e responsabilità assegnati ai lavoratori (operai, impiegati, tecnici, quadri, ecc.). Possono perciò esserci molti lavoratori che percepiscono mensilmente molto meno dei fatidici 1.000 euro mensili che rappresentano un vero e proprio spartiacque fra una vita di stenti e l’indigenza.

Continuando comunque a ragionare di settori produttivi e categorie, senza scendere più di tanto nel dettaglio, ci accorgiamo che una vita magra è quella che è toccata in sorte alla stragrande maggioranza degli addetti in agricoltura, per i quali è prevista una retribuzione media annua di soli 15.524 euro lordi che, ripercorrendo il cammino a ritroso fatto in precedenza (divisa, cioè, per 13 mensilità e detratto il lordo), si riduce di fatto a circa 836 euro netti nella busta paga mensile.

Cosa che si commenta da sola e che ci spiega meglio di qualsiasi altro ragionamento come mai la maggior parte delle mansioni meno qualificate in questo settore sia affidata ormai a manodopera immigrata che, per “arrotondare” questa misera entrata si sottopone ad orari di lavoro prolungati, lavorando nei campi “da un buio all’altro”, come solevano dire un tempo i nostri mezzadri.

Ma anche i dipendenti dell’industria non scialano, incassando di media annualmente 20.179 euro lordi che al netto fanno all’incirca 1.086 euro mensili. Molti di meno di quelli che spettano in dote ai lavoratori del credito (33.213 euro lori annui) ed anche di quelli vigenti nella pubblica amministrazione (25.240 euro lordi annui), in quest’ultimo caso per effetto soprattutto dei rinnovi contrattuali che hanno interessato di recente le forze dell’ordine e i dipendenti dell’Esercito e della Difesa.

La prima conclusione che ci sentiamo comunque di trarre dalla lettura di queste cifre è che, se le aziende italiane incontrano difficoltà a competere sui mercati internazionali non possono certo imputarne la colpa ai loro dipendenti: con retribuzioni ancora inferiori a queste sarebbero per davvero condannati alla fame. La seconda è che, senza ulteriore indugio, il governo dell’Unione deve decidersi ad impiegare le maggiori entrate fiscali che sono state messe a segno nel corso del 2006 per aiutare le famiglie meno abbienti: quelle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

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