mercoledì 17 gennaio 2007

UNA CABINA DI GOVERNO PER LE LIBERALIZZAZIONI?


UNA CABINA DI GOVERNO PER LE LIBERALIZZAZIONI? UNA RECENTISSIMA INDAGINE ATTESTA CHE LE PRIVATIZZAZIONI DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI SIN QUI EFFETTUATE NON PIACCIONO AGLI ITALIANI

Bocciati sulla richiesta di riforma del sistema pensionistico italiano, da loro intesa soprattutto come allungamento ad ognii costo della vita lavorativa dei dipendenti, tanto pubblici che privati, visto che si sono sentiti rispondere un po’ da tutti che la questione non è urgente, i più accesi teorici delle dottrine neoliberiste che si annidano anche all’interno dell’Unione hanno cercato una sorta di rivincita ottenendo dal governo la creazione di una cabina di regia, guidata dallo stesso premier, per procedere alle tanto sospirate, da loro, liberalizzazioni.

La notizia è di oggi ed immancabilmente i vari Rutelli, Fassino e compagnia, hanno sottolineato come al primo punto dell’ordine del giorno dei lavori di questo nuovo organismo figuri la privatizzazione dei servizi pubblici locali, secondo il decreto legge Lanzillotta. Niente di più intempestivo, visto che appena ieri c’era stata la presentazione, a Roma, di una indagine sui servizi pubblici, condotta da Attac, Funzione Pubblica Cgil, Arci, Rete del nuovo municipio, e co-edita addirittura dai Ds, che attesta la profonda insoddisfazione degli italiani per le liberalizzazioni che in questo senso sono state già realizzate nel nostro Paese.

Ci riferiamo alle tantissime “esternalizzazioni” di servizi alle quali hanno provveduto negli ultimi 15 anni Comuni, aziende sanitarie, di trasporto, dell’acqua, e che, come non sottolinearlo, stanno alla base dello scandalo che ha investito gli ospedali italiani a seguito dello scoop del settimanale “Espresso” che ha messo a nudo le gravi carenze, soprattutto di carattere igienico, presenti nel maggiore nosocomio della capitale, e d’Italia. Nosocomio dove, guarda caso, le pulizie, prima affidate ai dipendenti, erano state successivamente appaltate ad una impresa privata esterna.

Tornando alle risultanze di questa indagine va precisato che questa ha riguardato solamente cinque regioni italiane - Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia - dove sono stati distribuiti 8.257 questionari, 7.972 dei quali rivolti ai lavoratori ed i restanti 285 ad associazioni di cittadini utenti dei servizi medesimi, tutti riferiti al mondo della sanità, dell’igiene ambientale, del trasporto pubblico e dell’acqua.

Ne è emerso il ricorso massiccio alla esternalizzazione dei servizi che ha toccato punte del 71% negli enti locali e addirittura dell’83% nella gestione dell’acqua, ma è anche risultato che nella stragrande maggioranza dei casi queste scelte si sono tradotte in consistenti peggioramenti tanto per la qualità dei servizi offerti che per le condizioni di lavoro, con un’occupazione complessiva che è fortemente diminuita, mentre al contrario si sono altrettanto fortemente dilatale le varie forme di lavoro atipico.

Fenomeno, quest’ultimo, che ha interessato indistintamente tutti i campi di indagine. Senza trascurare il diminuiti coinvolgimento dei lavoratori e dei cittadini nelle scelte di fondo che riguardano l’assetto stesso dei servizi, tanto che –hanno sottolineato gli autori dell’indagine- in alcuni casi non si riesce neppure a capire chi li gestisca effettivamente.

Conseguentemente gli scontenti nei confronti dei risultati prodotti da queste “liberalizzazioni” sono risultati in numero assai superiore a quello dei soddisfatti: per quanto riguarda l’occupazione le bocciature vanno dal 50% della sanità al 67,9% del settore acqua, mentre per i diritti garantiti ai lavoratori, da un minimo del 60,4% segnato negli enti locali, si arriva al 75,5% dei trasporti.

Quali le cause principali di questo disastro? Tanto per i lavoratori che per le associazioni dei cittadini, la prima di queste va cercata nella strategia aziendale seguita al processo di esternalizzazione, con medie che vanno da un minimo del 29,4% ad un massimo del 53,8%. Segue, ancora una volta sia per i lavoratori che per le associazioni, lo stesso processo di esternalizzazione in senso stretto, mentre sulla terza causa le opinioni si dividono perché se i lavoratori hanno indicato, come era logico attendersi da loro, la politica occupazionale, le associazioni dei consumatori si sono dimostrate, altrettanto logicamente, più propense ad indicare la politica tariffaria applicata dal soggetto privato.

Si tratta, in ogni caso, di risposte che chiedono di arrestare questo processo, almeno per discuterci sopra con la dovuta calma, piuttosto che procedere ad una nuova ondata generale di liberalizzazioni sulla base delle congetture ideologiche non dimostrate, e non dimostrabili, alle quali si sono lasciati andare troppi fautori nostrani della ubriacatura neoliberista.

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