mercoledì 24 gennaio 2007

Visco
SIAMO D’ACCORDO CON VISCO: “LE PENSIONI NON SONO UNA PRIORITA’ PER IL NOSTRO PAESE”. NO, QUINDI, AD UN PEGGIORAMENTO DELLE PRESTAZIONI, SI’ ALL’ABOLIZIONE DELLO SCALONE ED AL RECUPERO DEL FISCAL DRAG


Bruxelles ha promosso l’Italia: grazie alla Finanziaria i nostri conti pubblici ora vanno bene. Tutto OK, dunque, se non fosse per il fatto che il commissario europeo agli affari economici, Joaquin Almunia, non ha perso l’occasione per aggiungere che è ora urgente passare alle “riforme”, indicando per l’ennesima volta la necessità di iniziare con quella delle pensioni. Per nostra fortuna a rispondergli ci ha pensato questa volta il vice ministro dell’economia, Vincenzo Visco, che la reale situazione della nostra finanza pubblica ce l’ha in pugno e che, confermando la linea uscita da Caserta, ha prontamente replicato: “Le pensioni non costituiscono una priorità per il nostro paese”.

Questo per buona pace di chi, dentro e fuori della maggioranza, continua ad esercitarsi su questo spartito, non volendosi rassegnare al fatto che non c’è spazio in Italia né per un innalzamento indiscriminato ed imposto dell’età pensionabile, né, tanto meno, per una riduzione delle prestazioni previdenziali, magari da attuarsi attraverso una riduzione verso il basso degli attuali coefficienti.

E’ questa la posizione che hanno unanimemente espresso i sindacati e sulla quale si ritrova compatta la cosiddetta sinistra radicale, Rifondazione Comunista in testa per la quale, considerati i soldi in più che sono previsti dalla Finanziaria con l’aumento delle retribuzioni, si può semmai pensare ad aumentare questi coefficienti, soprattutto per dare maggiore respiro ai percettori degli assegno più bassi che costituiscono la stragrande maggioranza dei pensionati italiani, tanto più che quando gli attuali coefficienti vennero stabiliti la situazione non era quella di oggi, né per il numero degli extracomunitari, né per la quantità di lavoratori che contribuiscono ad alimentare le casse previdenziali.

E’ vero o no che nel frattempo è fortemente diminuito il tasso di disoccupazione?

Si può perciò parlare legittimamente di rinviare nel tempo l’uscita dal mondo del lavoro solo come scelta volontaria del singolo lavoratore, adeguatamente incentivata e non certo ricorrendo a forme coercitive. Questo perché il nostro sistema previdenziale è perfettamente sostenibile nonostante ci sia chi, in perfetta malafede o per ignoranza, continua aa affermare il contrario.
Anzi, come ha sostenuto il ministro per la solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ci sono oggi tutte le condizioni per abolire il perverso “scalone” che è stato introdotto con la riforma Maroni, visto che il pareggio dei conti sarrebbe comunque assicurato dagli aumenti contributivi decisi e dal recupero dell’evasione.

La legge Dini stabilisce poi che le verifiche al riguardo debbano essere fatte ogni dieci anni, e l’ultima di queste risale ad appena un anno fa, allorché il nucleo di valutazione giunse alla conclusione che tutto era in regola. Da allora non si sono prodotte modifiche sostanziali, anzi, per effetto del mancato recupero del fiscal drag, le pensioni italiane hanno continuato a perdere valore e chi stava già male oggi sta ancora peggio.

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