giovedì 28 dicembre 2006

DATI ISTAT: IN UMBRIA BASSI REDDITI, MA ALTA PROTEZIONE SOCIALE

DATI ISTAT: IN UMBRIA BASSI REDDITI, MA ALTA PROTEZIONE SOCIALE. RIAPRIRE LA VERTENZA SALARIALE UMBRA, LOTTA SERRATA ALL’EVASIONE FISCALE E STOP ALL’AUMENTO DEI PREZZI E DELLE TARIFFE

Stando all’ultimo rapporto Istat sulle condizioni economiche degli italiani, che riporta comunque dati relativi al 2004, l’Umbria e la Liguria sarebbero le due uniche regioni del centro-nord con un reddito familiare pro-capite inferiore alla media nazionale: per la precisione, a fronte dei 28.078 euro sui quali può contare di media una famiglia italiana, stanno i 27.920 euro, sempre di media, dell’Umbria.

E’ la conferma di quanto andiamo da sempre dicendo, ovvero che retribuzioni umbre, e conseguentemente anche le pensioni, sono più basse che altrove, il che pone in particolare ai sindacati la necessità di recuperare prontamente questo ritardo non essendo più rinviabile l’apertura di un confronto, con la Giunta regionale e le categorie imprenditoriali, su quella che abbiamo chiamato la “vertenza salariale umbra”. Una questione che il Patto per lo sviluppo e l’innovazione si guarda bene dall’affrontare.

Ma i dati Istat ci dicono anche che questo reddito modesto determina nella nostra regione un disagio sociale minore che altrove: in questo senso tutti gli indicatori, ad esclusione di uno (quello relativo alla difficoltà di sostenere spese impreviste), ci collocano in una posizione migliore rispetto alla media nazionale ed in particolare ci premia quello che possiamo considerare il fondamentale fra tutti, perché relativo alla difficoltà incontrata dalle famiglie ad arrivare alla fine del mese.

Al riguardo il 9,9% di quelle umbre avrebbe avvertito tale disagio nel 2004, rispetto al 14,7% del dato medio nazionale, una differenza “impressionante” a nostro favore, tanto più considerato che peggio di noi si ritrovano - restando sempre nell’area centro-nord - numerose regioni che pure vantano redditi maggiori dei nostri, come il Lazio (14,7%), le Marche (13%), il Piemonte (11,4%), la Toscana (11%), il Veneto (10,6%) e il Friuli-Venezia Giulia 10%.

Nella stessa Lombardia, che l’Istat ha confermato quale regione più ricca del Paese, con un reddito medio di ben 32.313 euro annui, il 9,65 delle famiglie stentava a sbarcare il lunario, appena un pelo meglio di noi.
Malgrado ciò non possiamo ignorare il fatto che sono all’incirca 33 mila i nuclei familiari che nella nostra regione hanno fatto fatica negli ultimi giorni del mese a mettere insieme il pranzo con la cena, una cifra che ci richiama tutti al dovere di provvedere.

Un fenomeno quello umbro che, in relazione a questa sua tipicità, merita comunque qualche altra considerazione e che ci spinge anche ad azzardare alcune spiegazioni: la prima è che in Umbria la distribuzione del reddito è probabilmente più equilibrata rispetto a quanto avviane nelle altre parti d’Italia dove è evidentemente più accentuate la differenza di reddito fra famiglie “ricche” e famiglie “povere”. A ciò si accompagna –fatto da non trascurare- una rete di protezione sociale, pubblica e privata (in particolare la persistenza ancora di forti vincoli di solidarietà familiare), che contribuisce fortemente ad alleviare tale disagio, potendo anche contare sull’apporto di una serie di servizi a basso costo ed omogeneamente distribuiti sul territorio.

Ma queste due spiegazioni da sole non bastano ancora: ed allora potrebbe essere interessante considerare anche l’apporto che all’economia delle nostre famiglie è assicurato da una serie di attività che sfuggono al nostro controllo: ci riferiamo in particolare alle cosiddette attività “in nero” che stentano ad emergere, ivi compreso il doppio lavoro, anche quello di natura tradizionale e non sempre dal carattere negativo, che, in specie nei borghi minori, integra spesso il reddito familiare con i proventi di diffuse e modeste forme di produzione agricola.

Resta, comunque, l’illegalità di una parte consistente di queste attività che dobbiamo giustamente combattere, in specie quelle a carattere maggiormente speculativo, e ciò va fatto anche per recuperare risorse che sarebbero quanto mai utili per determinare l’ulteriore crescita del tessuto di protezione sociale al quale abbiamo fatto prima riferimento: tutto questo anche per scongiurare il pericolo di possibili incrementi delle tariffe e dei prezzi che, questi sì, metterebbero fortemente in crisi il difficoltoso equilibrio che è stato sin qui realizzato in Umbria. Un pericolo per scongiurare il quale Rifondazione Comunista di Perugia si è da tempo mobilitata, lanciando una petizione popolare per chiedere all’insieme delle istituzioni regionali di battere altre strade (fra le quali, appunto, anche quella del recupero dell’evasione) per far quadrare i loro bilanci.

Seja o primeiro a comentar

Posta un commento

Lettori fissi

Stefano Vinti © 2008. Template by Dicas Blogger.

TOP