venerdì 24 novembre 2006

NO ALLA “FASE DUE” VOLUTA DA CONFINDUSTRIA, SI’ AL PROSEGUIMENTO DI UN’AZIONE DI GOVERNO PIU’ FAVOREVOLE AGLI ESCLUSI DALLA POLITICA

Nel programma dell’Ulivo si affermava a chiare lettere che il risanamento economico del Paese doveva andare di pari passo con quello della ridistribuzione del reddito a favore dei ceti sociali più deboli: no, quindi, alle classiche due fasi, con la prima delle quali si dovrebbero sistemare i conti dello Stato, imponendo sacrifici un po’ a tutti, mentre con la seconda, che il più delle volte, come la storia passata ci insegna, tarda a venire, si dovrebbero finalmente privilegiare gli interventi di natura sociale.

A questa impostazione programmatica Rifondazione Comunista continua a rimanere fedele e l’efficacia della sua azione politica, svolta tanto al livello del governo che a livello del Parlamento, la possiamo misurare già dai contenuti della Finanziaria oggi in discussione. Certo, questo strumento non ci soddisfa interamente, soprattutto per la parte relativa al grande investimento a beneficio delle imprese, ma a bilanciare questo “difetto” vi sono molte altre misure che possiamo ben considerare frutto delle nostre battaglie perché se non ci fossimo stati queste sicuramente non vi comparirebbero, mentre vi comparirebbero comunque le prime.

Ora si tratta di proseguire con slancio ancora maggiore per la realizzazione completa del programma sociale dell’Unione ed è per questo che non condividiamo le prospettive indicate dal tandem Fassino-Rutelli che è tornato a proporre proprio il passaggio ad una “seconda fase” che dovrebbe aprirsi con una riforma del nostro sistema pensionistico penalizzante per i lavoratori.

Per meglio capirci, se per comodità di ragionamento trovassimo conveniente anche noi parlare di “Fase 2” relativamente alla prosecuzione dell’azione di governo dopo l’approvazione Finanziaria, vorremmo - come ha sostenuto a ragione il nostro capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore – che questa non si aprisse con nuove grida di dolore di Confindustria, bensì con la rappresentanza, finalmente, di quel mondo di esclusi dalla politica che costituisce la principale risorsa della sinistra, di quella massa di gente che ha partecipato alle primarie e che con il suo voto ha poi fatto vincere l’Unione, ritenendo in tal modo di aprire una prospettiva di rinascita e di riscatto per il nostro Paese, dopo gli anni bui del governo Berlusconi.

La nostra “fase due” è quindi del tutto alternativa rispetto a quella indicata da Fassino e da Rutelli e si articola su tre punti in particolare: primo: innalzare le pensioni minime e abolire lo scalone che impedisce a tanti lavoratori di godere di una pensione in età ancora sufficientemente giovane; secondo: dare più diritti alle donne ed ai precari, partendo dalla cancellazione della legge 30 e proponendo una vera e propria questione salariale con la determinazione di livelli minimi retributivi che scoraggino l’uso selvaggio della cosiddetta flessibilità, rendendo del tutto marginale il ricorso al lavoro precario e per riaffermare il principio che il lavoro vero è solo quello a tempo indeterminato; terzo: attuare una politica sull’immigrazione che cancelli le attuali leggi repressive che condannano migliaia di lavoratori alla clandestinità, regalandoli al “lavoro nero”, per parlare piuttosto di integrazione, di accoglienza e di valorizzazione dei migranti come attori dinamici della crescita della nostra società.

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