mercoledì 8 novembre 2006

CERTEZZA DEL LAVORO: GLI ITALIANI I PIU’ PESSIMISTI IN EUROPA. ADESIONE DEL P.R.C. ALLA MANIFESTAZIONE DEI PRECARI DELLA SANITA’ DEL 20 NOVEMBRE A PERUGIA

L’Eurobarometro segna tempo incerto per l’Italia, come sono incerti e timorosi gli abitanti del bel Paese interrogati sulle loro prospettive occupazionali.

Da una ricerca condotta al riguardo nell’Europa a 25, è infatti emerso che appena un italiano su tre si è detto certo di mantenere l’attuale posto di lavoro nei prossimi due anni, un triste primato che ci colloca al quart’ultimo posto della graduatoria continentale, seguiti solo da Ungheria, Polonia e Slovacchia.

E siamo messi ancora peggio per quanto riguarda la probabilità di reperirne prontamente un altro nella sciagurata ipotesi che perdessimo quello attuale, perché in questo caso chiudiamo addirittura la graduatoria, in compagnia degli ungheresi che hanno segnato al pari di noi un indice di 5,2 che ci colloca ben al di sotto della sufficienza in una scala che va da 1 a 10, ed ancor più rispetto alla media continentale che è stata di 6,1.

Molto più ottimisti di noi si sono rivelati gli olandesi, con il 62% degli interrogati che ritiene di non temere di perdere l’impiego, ai quali fanno buona compagnia i danesi (61%), gli abitanti del Regno Unito (61%) e gli svedesi (60%). Mentre è invece in Danimarca che vivono gli europei più convinti di poter trovare di corsa un nuovo impiego, con un indice di 8,1 che colloca questo Paese a debita distanza dall’Irlanda che si è segnalata comunque con un bel 7,6.

Ad essere obiettivi dobbiamo riconoscere che l’Eurobarometro ha fotografato con precisione gli umori che ispiravano gli abitanti dello stivale al termine dell’esperienza di governo del centro destra che ha diffuso una sfiducia generalizzata che non aiuta certo la ripresa.

Così stando le cose il primo compito del nuovo esecutivo doveva essere quello di convincere gli italiani a fare squadra per tentare la scalata ai vertici della Unione Europea. In questa prospettiva era dunque fondamentale mandare al Paese i giusti segnali: quelli, ad esempio, di una lotta senza quartiere ad ogni forma di speculazione, unita alla volontà di ripristinare le forme più elementari della equità e della solidarietà sociale che abbiamo smarrite, mentre invece, con una Finanziaria che è stata presentata in maniera fortemente contraddittoria, sono stati alimentati nuovi timori.

Per rasserenare questo clima si impongono da ora in avanti indicazioni inequivocabilmente volte a colpire la piaga della precarietà nel lavoro, che ha raggiunto da noi vertici assolutamente insopportabili, con l’Istat che proprio ieri ci ha avvertito come ormai un nostro lavoratore su dieci sia titolare di un contratto a termine: un dato che si traduce in una miriade di nuclei familiari che vivono costantemente uno stato di instabilità, in milioni di persone alle quali viene negata una solida prospettiva di vita. Così come è anche giunta l’ora di respingere definitivamente i forsennati attacchi che continuano a levarsi per sollecitare ulteriori restringimenti della nostra spesa sociale (leggasi soprattutto pensioni), così da poter destinare nuove ed ingenti risorse ai padroni del vapore di sempre.

Tutto il contrario dell’impegno per la ridistribuzione del reddito a sostegno dei più deboli che figura nel programma dell’Unione, aumentando con ciò lo sconcerto, in particolare fra i lavoratori che hanno cominciano a temere un prolungamento della stagione della precarietà anche nella fase post produttiva della loro vita. Un suicidio per il centro sinistra che ha determinato effetti deleteri sul piano economico (con l’accentuarsi della fuga verso la pensione da parte di chi, avendone i requisiti, si deciso ad abbandonare il lavoro prima che si determinino situazioni per lui più sfavorevoli) e su quello politico, dei quali pare che ci si stia finalmente accorgendo anche ai livelli più alti del governo dell’Unione, come lascia ben sperare il pronunciamento di ieri, a Bruxelles, del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, che, a chi gli sollecitava l’avvio di nuove riforme strutturali, rispondeva citando un record (per una volta almeno positivo) dell’Italia che vanta il sistema pensionistico meno squilibrato d’Europa, per cui “non dobbiamo affliggerci oltre misura”.

Resta comunque il fatto che alle forze di sinistra della coalizione spetta l’obbligo di continuare a garantire il rispetto scrupoloso del programma sul quale abbiamo ottenuto il consenso dalla maggioranza degli italiani, nel quale sulla lotta alla precarietà è stato scritto un capitolo fondamentale. Per Rifondazione Comunista la prima occasione in questo senso è rappresentata dalla manifestazione del 20 prossimo dei precari della sanità che intende cogliere non solo per esprimere loro una solidarietà doverosa, ma anche per richiamare la Regione ad una maggiore coerenza con le sue scelte, visto che già nel 2005 aveva sollecitato le aziende sanitarie umbre ad avviare un percorso che avrebbe dovuto gradualmente sfociare nella stabilizzazione definitiva di quei posti di lavoro, senza che a tale invito siano mai seguite azioni concrete.

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