giovedì 2 novembre 2006

BUGIE SUI CONTI DEL SISTEMA PENSIONISTICO

LE BUGIE SUI CONTI DEL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO PER GIUSTIFICARE UNA “CONTRORIFORMA” CHE ACCRESCEREBBE L’INIQUITA’ DEL NOSTRO SISTEMA SOCIALE

L’intervento di Franco Calistri, coordinatore regionale per l’Umbria della Sinistra Ds-Per il Socialismo, sulla questione pensioni, rende chiari i motivi per cui Rifondazione Comunista si oppone tenacemente alla varie ipotesi di riforma del settore che vengono insistentemente riproposte in questi giorni, tutte estremamente punitive nei confronti di chi, al termine di una lunga vita di lavoro, aspira giustamente ad un riposo sereno e, possibilmente, duraturo.

Sono ipotesi fondate tutte, indistintamente, sulla premessa, non dimostrata e non dimostrabile, che è estremamente urgente innalzare l’età pensionabile per evitare lo sfascio del bilancio previdenziale italiano che sarebbe determinato dallo “sciagurato” allungamento della durata della vita dei lavoratori italiani. Ergo, per non dissanguare l’Inps e gli altri istituti previdenziali, i nostri pensionati dovrebbero darsi una mossa decidendosi a morire prima, oppure si trattengano più a lungo in servizio, continuando per qualche anno ancora a versare i loro contributi.

Calistri ha il merito, citando cifre che sono assolutamente inconfutabili, di palesare l’assoluta falsità di questa tesi, osservando come, contrariamente a ciò che si dice, dai bilanci consolidati dell’Inps risulti tutt’altra situazione. Egli cita al riguardo l’ultimo bilancio disponibile del maggiore istituto previdenziale italiano, che risale al 2004, dal quale risultava un attivo di oltre 5 mila milioni di euro per quanto attiene le gestioni pensionistiche ed i fondi amministrati, anche se all’interno di questo comparto la voce “gestioni pensionistiche” in senso stretto risultava deficitaria per 1.684 milioni di euro.

Un deficit parziale che va comunque ascritto ad esclusivo carico di alcune gestioni un po’ “speciali”, quelle delle categorie autonome, come ad esempio quelle agricole (-3.049 milioni), quelle dell’artigianato (- 2.225 milioni) e quelle del commercio (-282 milioni) che si rimangiavano l’attivo che era stato invece prodotto dal fondo pensioni dei lavoratori dipendenti (+2.096 milioni) ed ancor più da quello dei cosiddetti parasubordinati, co.co.co., co.co.pro e via dicendo, da tutti meglio conosciuti come precari (+ 4.419 milioni).

Resta il fatto che la gestione Inps è nel suo complesso attiva e che è quantomeno paradossale -come fa notare Franco Calistri- che sia la commessa del gioielliere a pagare la pensione al suo datore di lavoro, il quale magari si sbraccia in prima fila per chiedere che le venga prolungato all’infinito il momento del riposo.

Per ultimo c’è da chiedersi a chi giovi continuare ad alimentare questa confusione, se non a quanti se ne servono proprio per giustificare la richiesta di una “controriforma” pensionistica che avrebbe il solo l’effetto di accrescere l’iniquità del sistema sociale italiano.

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