NUMERO DELLE IMPRESE CRESCE MENO DELLA MEDIA NAZIONALE
UMBRIA: PER LISTAT IL NUMERO DELLE NOSTRE IMPRESE CRESCE MENO DELLA MEDIA NAZIONALE E LA LORO SCARSA DIMENSIONE CI PENALIZZA SUI MERCATI INTERNAZIONALI
Tra il 2003 e il 2004 in Umbria il numero delle imprese è aumentato dello 0,8%, performance positiva, ma comunque inferiore a quella media nazionale che è stata dell1%. Queste informazioni ci vengono dallIstat che ha reso disponibili i dati dellArchivio statistico delle imprese attive, per intenderci quelle che hanno svolto unattività produttiva per almeno sei mesi nellanno di riferimento.
Tornando alle cifre, lUmbria ha segnato un calo nel settore industriale in senso stretto, corrispondente ad un -2,5%, misura più accentuata rispetto al calo nazionale che si è fermato ad un -1,95%. Fatto che è confermato dalle difficoltà pressoché quotidiane che incontriamo particolarmente in questo settore, con il moltiplicarsi delle aziende che hanno ridimensionato e talvolta cessato del tutto la loro attività, secondo una tendenza che non si è purtroppo arrestata sino ad oggi. Un arretramento che è stato in parte compensato dalla crescita intervenuta nel settore delle costruzioni, con un incremento in questo caso del 2,2% che è comunque ancora una volta inferiore al dato nazionale del 2,7%.
Ritroviamo il segno meno, invece, nel settore del commercio, con un calo dello 0,5% che questa volta corrisponde pienamente con quello medio nazionale, mentre la crescita maggiore si è registrata alla voce Altri servizi, con un +2,8%, anche questo perfettamente corrispondente con il dato nazionale.
In numeri assoluti, al termine del 2004 le imprese attive in Italia sfioravano i 4,3 milioni di unità (4.277.875 precisamente), mentre quelle umbre risultavano 66.637, così distribuite: 8.949 nel settore industriale, 9.449 in quello delle costruzioni, 23.107 nel commercio e 25.132 negli altri servizi.
Questa difficoltà dellUmbria a reggere il confronto con il resto del Paese emerge con ancora maggiore evidenza se ci poniamo a paragone con lItalia Centrale, perché, a fronte della nostra crescita dello 0,8% del numero delle imprese, abbiamo il +1,3% dellarea geografica nella quale siamo inseriti, dove brilla particolarmente il Lazio (+1,9%), mentre la sola Toscana ci sta sotto (+0,6%).
LIstat non ci offre, purtroppo, almeno in questa circostanza, un quadro locale relativo alla struttura delle imprese ed alloccupazione che queste generano, fermandosi tali considerazioni al solo livello nazionale, allorché si parla di circa 16,5 milioni di dipendenti complessivi, con una media di appena 3,8 addetti ad impresa, il che sottintende un sistema produttivo caratterizzato da una larga prevalenza di micro e piccole aziende, oltre 4 milioni corrispondenti ormai a quasi il 95% del totale, che contano meno di 10 addetti ed occupano appena il 47% dei dipendenti complessivi.
E, come sappiamo da altre fonti, tale fenomeno è in Umbria ancora più accentuato, con la provincia di Perugia che sta solo un pelino meglio di quella di Terni. Oltre tutto le cose non cambiano se questo quadro lo osserviamo dal punto di vista del fatturato, visto che in tal caso ben il 94% delle aziende italiane si colloca sotto il milione di euro annui ed appena lo 0,11% naviga invece nella fascia superiore ai 50 milioni di euro, dando lavoro al 18% dei nostri occupati.
Questa eccessiva frammentazione non facilita lintroduzione delle nuove tecnologie, le sole che possono aiutarci a vincere sui mercati internazionali, anche per il fatto che la maggior parte delle imprese italiane ha chiaramente puntato a concorrervi sulla base del basso costo della manodopera, anziché fare leva su una maggiore ricerca e su una più accentuata innovazione dei prodotti, come è attestato dalla crescente incidenza del lavoro atipico sul totale della manodopera impiegata, fenomeno che in Umbria ha assunto dimensioni ancora maggiori rispetto al resto del Paese.
Cosa della quale abbiamo del resto avuto piena conferma di recente, con i dati relativi alle esportazioni nei primi sei mesi di questanno, allorché, a fronte di un incremento medio nazionale del 10,6% sullo stesso periodo del 2005 e al più consistente 12,5% messo a segno dalla ripartizione Italia centrale, la nostra regione ha potuto vantare un misero +3% che ci conferma lurgenza di un intervento maggiormente coordinato delle istituzioni locali per aiutare questo fragile apparato a consolidarsi e a dare vita ad iniziative di aggregazione favorevoli allintroduzione di più avanzate tecnologie nei cicli produttivi, oltre che a sperimentare di innovative metodologie di marketing.
Ci incoraggia al riguardo il fatto che possiamo contare sulla presenza in Umbria di un affermato Ateneo e di numerosi centri di ricerca di qualità che si sono sviluppati attorno ad esso, senza comunque dimenticare la necessità, da noi sempre sostenuta, di pigiare ancor più lacceleratore sulla creazione dei distretti produttivi di seconda generazione e di nuovi sistemi di sviluppo locale.
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