NEL 2005 ERANO POVERE L11,1% DELLA FAMIGLIE ITALIANE, IN UMBRIA IL 6,7%. PIU CHE GIUSTIFICATI I CONTENUTI DI RIEQUILIBRIO DELLA FINANZIARIA E LE RIFORME ENDOREGIONALI COME RISARCIMENTO SOCIALE PER I CETI MENO ABBIENTI
Secondo lIstat, nel 2005 le famiglie italiane in condizioni di povertà relativa erano 2 milioni e 585 mila circa, pari all11,1% del totale, in calo rispetto all11,7 del 2004, ma in aumento, invece, a confronto del 10,8% del 2003. La percentuale di povertà relativa aumenterebbe comunque al 13,1% se, anziché le famiglie, si prendessero in considerano gli individui che le compongono, che sarebbero allincirca 7 milioni e 577 mila.
Una massa consistente, dunque, di italiani che al termine dellesperienza di governo del centro destra, si sarebbe trovata collocata al di sotto della soglia di povertà che lIstat ha stabilito per il 2005 in una capacità di spesa media mensile di 936,58 euro riferita ad una famiglia composta da due sole persone. Va da se che per famiglie di ampiezza diversa il valore di questa linea di demarcazione ha tenuto conto delle economie di scala che erano realizzabili con laumentare del numero dei loro componenti.
Una diminuzione che lIstat considera non significativa e che conferma, purtroppo, per il Mezzogiorno gli alti livelli di povertà relativa che aveva raggiunti negli anni precedenti. Infatti, questo fenomeno si presenta con una caratterizzazione assai accentuata: mentre nel Nord del Paese ed al Centro sono povere rispettivamente il 4,5% ed il 6% delle famiglie residenti, nel Mezzogiorno questo dato raggiunte il 24%, il che fa sì che in questarea risieda ben il 70% delle famiglie povere italiane.
Oltre tutto, sempre nel Mezzogiorno, alla più ampia diffusione di questo fenomeno si associa una maggiore gravità del disagio, tantè che lintensità della povertà vi raggiunge il 22,7%, rispetto al 17,5% e al 18,9% del Nord e del Centro.
Scendendo nel dettaglio sullarea geografica che ci riguarda più da vicino, la povertà risulterebbe meno diffusa in Emilia Romagna, dove la sua incidenza sarebbe pari al 2,5%, un valore non significativamente diverso da quelli registrati in Lombardia, nel Veneto e nella provincia di Bolzano, tutti inferiori al 4,5%. Più elevate, ma comunque tutte al di sotto della media nazionale, sarebbero, invece, le incidenze osservate in tutte le altre regioni del Centro-nord, che andrebbero dal 4,6% della Toscana al 7,3% dellUmbria, che occupa, dunque lultimo gradino in questa scala, il che ci conferma la necessità di un maggiore impegno della società regionale nel suo complesso per non perdere ulteriore terreno nei confronti delle aree più avanzate del Paese.
Ultima considerazione, attiene ai contenuti della legge Finanziaria attualmente allattenzione del Parlamento, trovando da questa cifre piena giustificazione una impostazione particolarmente attenta ai bisogni del Mezzogiorno e ad accennare una prima, sia pure ancora timida, manovra di redistribuzione della ricchezza a vantaggio dei ceti sociali più svantaggiati.
Ed in questo senso va senzaltro la proposta di riforme endoregionali formulata da Rifondazione Comunista, intesa come risarcimento sociale, attraverso una più ampia e qualificata offerta di servizi pubblici, per i lavoratori dipendenti e le famiglie meno abbienti.
giovedì 12 ottobre 2006
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