lunedì 30 ottobre 2006

LA SINISTRA EUROPEA CRESCE

LA SINISTRA EUROPEA CRESCE E SI FA SOGGETTO ATTIVO DI PROPOSTA: IL PRIMO TEST SULLA CANCELLAZIONE DELLA LEGGE 30. PORRE FINE AL PRECARIATO NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. NO A NUOVI TAGLI DI RISORSE AGLI ENTI LOCALI

Cresce robusta la Sinistra europea, al punto tale da essere ormai in grado di compiere i primi passi da sola: passi politici importanti, come la presentazione di una proposta di legge per il superamento del precariato nel lavoro, elaborata in collaborazione con il Centro diritti “Pietro Alò”.

Rifondazione Comunista dell’Umbria, che si è fortemente impegnata nella costruzione di questo nuovo soggetto politico a sinistra (si è svolta nella nostra regione la sua prima Festa Nazionale), promuovendo un intenso confronto a livello regionale che ha coinvolto e coinvolge movimenti e forze politiche diverse, saluta con profonda soddisfazione l’affermarsi di una nuova ed autorevole voce che va ad aggiungersi alle altre che si sono levate in vista della giornata nazionale di lotta per il superamento del precariato del 4 novembre prossimo.

Una giornata che vedrà manifestare a Roma decine di migliaia di persone che si riconoscono nella piattaforme rivendicativa che è stata posta al centro di questa mobilitazione: la richiesta al governo dell’Unione ed al Parlamento italiano di cancellare il più presto la Legge 30 e porre fine ai danni infiniti prodotti da uno strumento che ha moltiplicato l’incertezza nei luoghi di lavoro e negato, soprattutto ai giovani, una prospettiva sicura di vita; per dire basta anche ad un capitalismo italiano, miope perché fortemente restio ad investire nella ricerca di nuovi e tecnicamente più avanzati modelli produttivi con i quali aumentare la qualità della sua offerta, che ha utilizzato questa norma per imporre al Paese un criterio distorto di flessibilità che ha colpito unicamente il lavoro.

E’ anche da sottolineare come con questa sua iniziativa la Sinistra europea si sia guadagnata il merito di aver offerto al movimento che si oppone alla precarietà nel lavoro un efficace strumento per passare dalla mera protesta alla proposta, utile per “riscrivere il lavoro” nel nostro Paese ed invertire il segno di un fenomeno che, stando ai dati più recenti resi noti dall’Irres Cgil, coinvolge ormai più di un milione e mezzo di “atipici”, la metà dei quali percepisce una retribuzione al di sotto dei 1.000 euro mensili.

Ma ciò che deve farci anche riflettere, se vogliamo realmente contribuire al superamento di questo grave problema sociale, è il ruolo negativo che hanno svolto in questo senso anche le Istituzioni pubbliche, non escluse, purtroppo, anche quelle governate dalla sinistra. Infatti, le situazioni peggiori di lavoro precario, come emerge ancora dallo stesso studio che l’Irres Cgil ha realizzato con collaborazione dei ricercatori della Facoltà di scienze della comunicazione della Sapienza di Roma, si annidano proprio nei lavori da questi esternalizzati, quei lavori, per intenderci, che, su commessa pubblica, sono affidati ad aziende private, perché in questo caso addirittura il 75% dei dipendenti guadagna meno di 1.000 euro al mese.

Le ragioni che hanno spinto un numero sempre crescente di Comuni, di Province e di altre istituzioni pubbliche, locali e centrali, a rivolgersi a queste aziende sono note: il blocco degli organici che si protrae da anni, impedendo un regolare ricambio del personale uscito per diverse ragioni dal lavoro (il “turn over” è stato assai parziale), unitamente al ripetuto taglio nel trasferimento delle risorse a loro favore, ha convinto un numero sempre crescente di amministrazioni che fosse questa l’unica strada percorribile per realizzare i necessari risparmi di gestione ed evitare la dolorosa chiusura di molti servizi, poco badando alla salvaguardia delle dignità di tanti nuovi giovani lavoratori.

Poiché in passato ci siamo sempre opposti (quando a farlo era il governo di centro destra) al continuo scaricare sugli Enti locali e sulle comunità da questi amministrate, le difficoltà determinate da una errata politica economica nazionale che ha prodotto danni gravissimi al Paese, è per noi inaccettabile che tale prassi venga continuata anche dal governo dell’Unione, che invitiamo perciò a cancellare i nuovi tagli di risorse agli Enti locali che ha anch’egli previsto nella sua Finanziaria.

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