mercoledì 25 ottobre 2006

GIUSTO L’ALLARME DI SANTUCCI SULL’INFLAZIONE CHE MORDE LE RETRIBUZIONI, MA NON PER TUTTI E’ STATO COSI’: LA DISTANZA FRA IMPIEGATI E DIRIGENTI SI E’ FATTA ABISSALE E TALVOLTA SCANDALOSA. I PENSIONATI SENZA DIFESA

L’allarme gettato dal responsabile del settore commercio della Regione dell’Umbria, Enzo Santucci, sull’inflazione che avrebbe continuato a colpire nella nostra regione gli stipendi e i salari, determinando una perdita del loro potere d’acquisto, trova autorevoli conferme nel 7° rapporto sulle retribuzioni in Italia reso noto nei giorni scorsi.

In questa ricerca condotta da OD&M, viene infatti dimostrato come in particolare sia stata la classe impiegatizia ad essere più colpita, atteso che dal 2001 all’agosto del 2006 lo stipendio medio lordo annuo di questi lavoratori, depurato, appunto, dell’inflazione, si sarebbe ridotto del 2,66% con una perdita secca di 644 euro.

Ma, come notavamo appena ieri, il fenomeno inflattivo non ha agito alla stessa stregua su tutte le retribuzioni, risparmiando in particolare quelle dei dirigenti che, anzi, si sono impinguate non poco: la loro media lorda annua si è infatti accresciuta, sempre depurata dell’inflazione, del 10,91%, determinando un incremento annuo di 8.872 euro, un valore che molti pensionati italiani al minimo si sognano.

Il risultato di tutto questo è che dal rapporto 1 a 3 che avevamo nel 2001 fra le retribuzioni degli impiegati e quelle dei dirigenti (24.226 euro lordi contro 81.346 di media), si è arrivato all’1 a 4 odierno (26.384 contro 100.122).

E’, stando alle risultanze di questo rapporto, non hanno motivo per scialare neppure gli operai che nel quinquennio berlusconiano si sarebbero visti incrementare il loro salario lordo di un’inezia, corrispondente ad un misero + 3,92%.

Questo a livello nazionale, ma, se quanto sostiene Santucci corrisponde a verità, ovvero che in Umbria, dove l’Osservatorio regionale sui prezzi non si limita a tenere sott’occhio solo ciò che accade nei due capoluoghi, ma estende il suo controllo anche su altri importanti centri, l’incremento dei prezzi ha registrato un trend più accelerato rispetto al resto del Paese, c’è il caso che da noi anche gli operai siano finiti in passivo. Per non parlare poi dei pensionati, perché per loro non c’è possibilità di scampo visto che da tempo i loro assegni sono esclusi da qualsiasi forma di adeguamento automatico, anche parziale: non v’è quindi dubbio che sono quelli che ci hanno rimesso di più.

In Italia ed in Umbria si pone, dunque, urgentemente il problema di correggere questa assurda dinamica alla quale dobbiamo delle evidenti ed insopportabili distorsioni in merito alla distribuzione della ricchezza nazionale, tali da determinare una netta separazione fra chi stenta ad arrivare alla fine del mese e chi, al contrario, si arricchisce sempre di più.

Un risultato al quale non è stata certo estranea la scelta poco felice, sposata anni fa anche dai sindacati nazionali del comparto pubblico, di separare i contratti collettivi di lavoro dei dirigenti da quelli del resto del personale: da quel momento la distanza fra queste categorie di lavoratori si è fatta sempre più abissale, fino a sfociare in situazioni di particolare abuso, come nella Sicilia governata dal centro destra, dove un super dirigente è arrivato a percepire una retribuzione lorda annua di ben 567.300 euro, corrispondenti a 1.533 euro al giorno, Natale, Pasqua ed altre feste comandate comprese.

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