MONTEZEMOLO SI RASSEGNI...
MONTEZEMOLO SI RASSEGNI, NON CI SARA UNA NUOVA CONCERTAZIONE FAVOREVOLE SOLO PER LE IMPRESE, MA UNA FINANZIARIA ATTENTA AI BISOGNI DEI PIU DEBOLI
Si suol dire che la storia è maestra di vita, ma poi ci sono persone alle quali apparentemente la storia non ha insegnato proprio nulla. Una di queste è senzaltro il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, che con la proposta di un patto per la produttività avanzata nella fase più delicata del confronto sulla Finanziaria, ci ha ben chiarito cosa intende per nuova concertazione: il peggioramento delle condizioni materiali dei lavoratori da realizzarsi con la cancellazione dei contratti nazionali, con lincremento di 100 ore annue lavorative, con la libertà per le imprese di chiamare i lavoratori in fabbrica quando fa loro più comodo, magari di notte ed anche di domenica, il tutto da ricambiare con un salario sempre più variabile, così da poterlo diminuire allorché cè la necessità di risparmiare.
Queste le condizioni imprescindibili, secondo il capo degli industriali italiani, per determinare un nuovo sviluppo del Paese, ed a suo parere le cose marcerebbero ancora meglio se la politica la finisse una buona volta di intralciare il manovratore, cessando di mettere bocca sulle questioni delleconomia, nel nome di un iperliberismo che invoca il taglio della spesa sociale per poter dirottare maggiori fondi e finanziamenti pubblici verso il privato.
Per essere brevi, il pensiero montezemoliano si riassume nella centralità dellimpresa e del profitto quale unica leva per la crescita.
Tornando alla poca memoria storica che vizia questo pensiero, ci permettiamo di ricordare a loro signori che la concertazione così intesa labbiamo già conosciuta una quindicina di anni fa, ed i risultati che ha prodotto sono stati tuttaltro che fecondi. Pretesero ed ottennero, allora, la sperimentazione di forme di flessibilità e di precarietà che hanno assunto dimensioni sempre più consistenti nel corso degli anni, anche allora nel nome della centralità dellimpresa, se non che al termine del ciclo così avviato ci siamo ritrovati con una crescita zero accompagnata da una drammatica caduta di competitività del sistema Paese.
Anche se dobbiamo ammettere per onesta che lobiettivo vero che si erano prefissi, i nostri imprenditori lhanno comunque raggiunto: una drastica ridistribuzione della ricchezza a loro vantaggio e a danno del lavoro.
E i maggiori profitti così ricavati non li hanno certo spesi per rendere più solide le loro aziende ed assicurare più lavoro, bensì se li sono messi in tasca se, come ci attesta lultimo rapporto Censis, fra le 500 aziende europee che più investono in ricerca solo 17 sono italiane. Il Regno Unito ne può vantare 149, la Germania 100, la Francia 66 e facciamo una pessima figura persino al confronto con la piccola Svezia (piccola solo per popolazione) che di aziende eccellenti ne conta 44.
Altri numeri del Censis ci confermano questa realtà: nel 2005, tanto per fare un altro piccolo esempio, mentre la maggioranza degli italiani ha continuato a stringere la cinghia, lor signori hanno continuato a spendere allegramente, tantè che nei primi otto mesi di quellanno, a fronte di un calo complessivo del 3,1% della vendita di auto nel nostro Paese, il parco macchine dei Paperoni nostrani si è arricchito di circa 6.000 nuove vetture di valore superiore agli 80 mila euro, con un incremento del 13,2%.
Ma non solo, perché è risultato anche che il 10% delle famiglie più ricche si era ormai accaparrata quasi la metà (45,1%) della ricchezza netta nazionale ed in particolare la quota posseduta dal 5% di quelle più agiate, è cresciuta negli ultimi 10 anni dal 27 al 33%. Questo mentre il 57% degli italiani afferma di non avere alcuna capacità programmatoria, non riuscendo in alcun modo ad influenzare ciò che gli sta intorno, contro una media europea che è del 47%, e quasi 600 mila famiglie a reddito medio-alto hanno vissuto in un biennio un considerevole ridimensionamento economico.
Se questi sono stati i frutti amari prodotti dalla concertazione liberista dei primi anni 90, non possiamo certo attenderci un futuro migliore insistendo su questa strada. Montezemolo si metta dunque il cuore in pace, perché questa volta troverà sulla sua strada forze politiche, come Rifondazione Comunista, fortemente determinate ad intralciare i suoi piani ed a pretendere dal governo dellUnione una manovra finanziaria orientata principalmente a sostenere i consumi delle classi sociali più deboli e quindi il mercato interno.
Noi riteniamo che questa sia la vera strada che porta allo sviluppo, quella che per il bene del Paese, e delle stesse aziende italiane, abbiamo il dovere di imboccare con estrema urgenza, vista anche la frenata (la notizia e proprio di oggi) fatta segnare dalle vendite al dettaglio nel mese di luglio.
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