lunedì 25 settembre 2006

L’OCSE DENUNCIA: LA SCUOLA ITALIANA E’ AGLI ULTIMI POSTI PER EFFICIENZA. POCHI I LAUREATI E I DIPLOMATI. SI RENDE URGENTE UNA RIFORMA ACCOMPAGNATA DA MAGGIORI INVESTIMENTI

Come mai la percentuale italiana di laureati rispetto alla popolazione è fra i più bassi a livello internazionale? C’è da essere fortemente allarmati per questo dato che emerge dall’ultimo rapporto Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), che conferma le difficoltà già da tempo palesate dal sistema scolastico italiano.

Infatti, nel nostro Paese appena l’11% delle persone in età 25-64 anni ha portato a compimento con successo gli studi universitari. Sono 30 i Paesi aderenti a questa organizzazione internazionale e noi ci collochiamo al ventinovesimo posto, seguiti solo dalla Turchia. Ed una figura ancora peggiore la facciamo se si consideriamo le sole materie scientifiche, perché in questo caso possiamo vantare appena 1.227 laureati ogni 100mila giovani fra i 24 e i 34 anni, contro i 2.128 della media Ocse.

Un risultato a dir poco catastrofico che si spiega comunque con la pessima valutazione che i nostri giovani quindicenni hanno guadagnato a livello internazionale in quanto a preparazione in Matematica e Lettura: sottoposti al test Pisa-Ocse (il programma per la valutazione internazionale dell’allievo), hanno infatti rimediato una figuraccia.

Altro fatto preoccupante è che emerge come assolutamente insufficiente anche il nostro rapporto popolazione/diplomati: ne abbiamo 48 su ogni 100 abitanti in età 25-64 anni, rispetto ai 67 della media Ocse.

Non possiamo dunque gioire per gli exploit messi a segno dall’Italia, eppure ci sarebbero tutte le condizioni per figurare meglio, considerato che da noi il rapporto insegnanti studenti è fra i più bassi a livello internazionale (le nostre classi sono meno affollate che altrove), mentre il numero delle ore di lezione è invece più alto della media degli altri Paesi. Fattori, questi, che incidono sul costo dell’insegnamento, tant’è che da noi si spendono mediamente 100mila dollari per alunno dalle elementari alle superiori, contro i 77mila della media Ocse.

Malgrado questo, gli investimenti italiani indirizzati verso la scuola e l’università sono più scarsi rispetto alla maggior parte degli altri Paesi: la nostra percentuale di spesa pubblica e di Pil impegnata a questo fine è considerevolmente minore ed è particolarmente carente per quanto riguarda la scuola dell’infanzia che l’Ocse considera, invece, essere una leva strategica.

E l’elevato costo del nostro sistema scolastico non è da imputare nemmeno alle retribuzioni dei nostri insegnanti che, al contrario, risultano fra i peggio pagati, percependo stipendi decisamente più bassi rispetto ai loro colleghi stranieri e sono anche tra i più anziani in assoluto, visto che appena 1 su 1.000 di loro ha meno di 30 anni, mentre altrove si supera spesso il 10 per cento. L’onerosità del nostro sistema scolastico è data, dunque, da una serie infinita di costi occulti che rendono urgente una riforma razionalizzatrice, da fondare anche su programmi di studio maggiormente rispondenti alle necessità poste dalla società contemporanea.

Ma questa riforma da sola non sarà sufficiente -ci avverte l’Ocse- se non verrà accompagnata con maggiori investimenti per dotare le nostre scuole di più efficienti strutture e di strumentazioni più moderne: basti solo pensare che da noi continuano fortemente a scarseggiare i computer, tant’è che ne abbiamo appena 77 per scuola, contro i 115 dei Paesi Ocse. Ma un maggiore investimento va urgentemente fatto anche per la formazione del personale insegnante anche al fine di ringiovanirlo e, soprattutto, per motivarlo maggiormente: in quest’ultimo caso la via obbligate è quella dell’aumento delle retribuzioni.

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