venerdì 9 giugno 2006

MAGGIORI INVESTIMENTI NELLA SCUOLA EUROPEA ED ITALIANA

MAGGIORI INVESTIMENTI NELLA SCUOLA EUROPEA ED ITALIANA PER UNA MIGLIORE FORMAZIONE DEI GIOVANI E DEI DOCENTI

Il tema istruzione è più che mai all’ordine del giorno in Europa: i sistemi scolastici del vecchio continente continuano a perdere colpi rispetto a quelli più avanzati dei Paesi che ci sono concorrenti sui mercati internazionali, in fatto soprattutto di formazione professionale, visto che i tanto conclamati obiettivi di Lisbona, che si dovrebbero realizzare al più tardi entro il 2010, con l’intento di rimediare, sono ancora assai lontani: il rapporto 2006 della Commissione europea evidenzia, infatti, che nonostante qualche progresso registrato ultimamente, siamo ancora assai carenti per quanto riguarda in particolare la lotta all’abbandono scolastico, lo studio delle lingue e la formazione dei docenti.


La colpa di tutto questo è delle scarse risorse finanziarie che sono destinate a questo settore fondamentale dello sviluppo economico e sociale e su questo versante, naturalmente, è proprio l’Italia ad essere messa peggio di tutte, risultando costantemente negli ultimi posti della graduatoria in pressoché tutte le aree strategiche considerate: dispersione scolastica, appunto, e conseguente numero di giovani che sono riusciti ad ottenere almeno un diploma da spendere validamente, partecipazione degli adulti ai corsi di istruzione permanente, multilinguismo, ecc.

Guardiamo, ad esempio, al primo di questi fattori, la dispersione scolastica: ebbene, sono circa 6 milioni di giovani europei tra i 18 e i 24 anni (il 14,9% del totale, mentre il Piano di Lisbona indica come obiettivo da raggiungere quello del 10%) che hanno lasciato la scuola anzitempo e, guarda caso, i paesi messi meglio da questo punto di vista, potendo vantare percentuali attorno al 6%, come la Polonia, la Slovacchia e la Repubblica Ceca, si collocano tutti all’Est, segno evidente che dal tanto vituperato regime comunista hanno ereditato almeno un sistema scolastico efficace che si spera non vogliano anche loro compromettere dando vita ad assurde liberalizzazioni. Naturalmente sono questi gli stessi Paesi che sono riusciti a superare l’obiettivo dell’85% che era stato stabilito per la conclusione positiva del ciclo di istruzione superiore.

Insomma, stando a queste cifre almeno 2 milioni di giovani europei dovrebbero riprendere sa studiare per centrare l’obiettivo del 10% sopra richiamato.

Particolarmente preoccupante è poi il dato riguardante la capacità di comprensione dei libri di testo.
Secondo la stessa Commissione, infatti, solo uno studente su cinque, a 15 anni, sarebbe in grado di leggere e capire ciò che legge ed in questo caso a cavarsela meglio in quanto a capacità di lettura sarebbero i giovani finlandesi e irlandesi, gli unici a far segnare una dato di difficoltà al di sotto del 12%.

Peggio che mai, poi, per le lingue, considerato che nel 2003 la media delle lingue straniere che ogni studente imparava a scuola oscillava fra 1,3 e 1,6, mentre l’obiettivo di Lisbona vorrebbe che ognuno imparasse almeno due lingue oltre la propria.

Le cose vanno un po’ meglio per quanto riguarda la formazione scientifica, visto che sulla base della tendenza attuale saranno circa un milione all’anno i giovani europei che ogni anno potranno presto aspirare ad ottenere un diploma di indirizzo matematico o tecnologico, contro i 775mila attuali. In questo caso le percentuali più alte di diplomati si registrano in Irlanda (24,2 su 1000), Francia (22,2) e Regno Unito (21). Assai più indietro l’Italia che però può vantare in questo caso un discreto 12,8% annuo di incremento.

Non così, invece, per il numero di donne diplomate in queste materie che premia al contrario Estonia, Cipro e Portogallo, con percentuali oltre il 40% del totale.

Ome abbiamo accennato all’inizio, fra gli obiettivi di Lisbona figurano anche i percorsi formativi che avrebbero dovuto coinvolgere almeno il 12,5% degli adulti, dato che al momento è superato abbondantemente solo da Svezia (34,7%), Regno Unito (29,1%) e Danimarca (27,6%).

Per risalire la china si pone dunque l’obbligo, per l’Europa globalmente intesa, di investire più massicciamente nella valorizzazione del proprio capitale umano, e la cosa è quanto mai urgente perché è in gioco la sua capacità di essere competitiva.

Quanto? Per recuperare antro la data del 2010 il profondo gap che ci separa dagli Usa e superare quella del Giappone, si è calcolato che l’investimento che dovrà fare ciascun Paese europeo dovrà per lo meno raddoppiare (circa 10mila euro in più all’anno per ogni studente), ma anche questo non sarà sufficiente se nel contempo non si incrementeranno di molto anche gli investimenti del settore privato e, soprattutto, se non si provvederà per tempo alla formazione di almeno un milione di insegnanti che dovrebbero prendere il posto di quelli che andranno presto in pensione. Si è calcolato che solo in Italia andrà in pensione più del 70% degli insegnanti, il che vuol dire che ci aspetta da assolvere un compito altamente impegnativo che cozza fortemente contro i ripetuti ridimensionamenti della nostra istruzione pubblica voluti dal governo Berlusconi.

Scuola pubblica che necessita, al contrario, di una ben diversa attenzione, come ha giustamente sottolineato il neo presidente della Camera, Fausto Bertinotti, in occasione della sua recente visita a Barbiana ed il convinto omaggio da lui tributato alla memoria di Don Milani.

Seja o primeiro a comentar

Posta un commento

Lettori fissi

Stefano Vinti © 2008. Template by Dicas Blogger.

TOP