sabato 10 giugno 2006

BORGHESI DIVENTANO SEMPRE PIU' PICCOLI

PER IL CENSIS IN ITALIA NON C’E’ PIU’ LA MOBILITA SOCIALE VERSO L’ALTO ED I NOSTRI BORGHESI DIVENTANO SEMPRE PIU' PICCOLI

La decadenza sociale dell’Italia dovuta principalmente all’opera di governi, come quello recentissimo di Berlusconi, che ne hanno decuplicato le difficoltà economiche, è resa assai bene nell’ultimo rapporto sulla mobilità delle generazioni che per sommi capi possiamo così riassumere: la possibilità per gli italiani di incrementare il loro benessere sta diventando sempre più una chimera, anzi, assai stentatamente la maggior parte delle nostre famiglie ce la fa a conservare lo status sociale conquistato in tempi più favorevoli ed a patire di più questa difficoltà è il ceto medio.


Come dire i borghesi italiani stanno diventando mano a mano più piccoli, visto che anche la fascia più alta della nostra società stenta a proteggere i suoi figli, ovvero a mantenerli nella posizione di élite faticosamente conquistata dai genitori.

Si fa insomma sempre più sbiadito il ricordo dei “mitici” anni sessanta, quelli del boom economico italiano, quando era almeno possibile pensare di farcela a salire verso l’alto della gerarchia sociale e con qualche sforzo c’era anche chi riusciva in questa impresa. Ora la musica è decisamente cambiata se è vero che per il Censis andrebbe più che bene a quel 40% dei figli della grande borghesia nostrana, intesa come aggregato di medi e piccoli imprenditori, liberi professionisti, dirigenti e quadri di alto livello. che, pur restando al palo, riescono comunque a mantenere la posizione ereditata dai loro padri. Va sicuramente meglio rispetto all’altro 60% che ha seguito invece il percorso del gambero, andando ad ingrossare il cosiddetto “ceto medio basso” (quello della piccola borghesia), con un 9,6% addirittura che si è ritrova ora a far parte della tanto aborrita (da loro) classe operaia. Quasi nessuno di loro è comunque riuscito a progredire oltre il livello di benessere ereditato.

E se i grandi borghesi italiani hanno di che lamentarsi, per la piccola borghesia italiana, quella che con più entusiasmo ha sostenuto e continua a sostenere il cavaliere di Arcore, c’è ben poco da ridere. Sempre secondo il Censis, infatti, per quanti sforzi abbiano fatto i suoi appartenenti per far progredire i figli, il 63% di loro è rimasto dov’era o si è mosso di pochissimo. Di contro, rispetto al 13% che è riuscito a migliorarsi, sta un ben più abbondante 22% che è invece caduto in giù.

Una prima spiegazione del fenomeno ce la fornisce Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, secondo il quale nel nostro Paese sono venuti e mancare quei meccanismi che un tempo producevano la mobilità sociale, quali l’accesso alla formazione ed alla conoscenza, e i continui tagli all’istruzione hanno certamente influito su questo processo A ciò si aggiunga il fatto che le incrostazioni corporative che hanno da sempre ostacolato la crescita del Paese, anziché sparire si sono piuttosto arroccate in questi anni a difesa dei privilegi di un numero sempre più ristretto di fortunati, con la tendenza, perciò, ad escludere tutti gli altri, tanto da formare una gabbia che ormai tutti ci racchiude e che il governo dell’Unione ha il difficile compito di infrangere.

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