martedì 9 maggio 2006

CARO AFFITTI

CARO AFFITTI: DAL 1993 AL 2005 SONO CRESCIUTI IN ITALIA DEL 120%. A PERUGIA DEL 156%. UNA STRATEGIA COMUNE DELLE ISTUTUZIONI LOCALI E DELLO STATO PER COMBATTERE LA SPECULAZIONE


In poco più di 10 anni, per la precisione a partire dal 1993 al 2005, gli affitti si sono incrementati in Italia mediamente del 120%. Ce lo dice un’inchiesta condotta sui capoluoghi di provincia italiani dall’organo di Confindustria, “Il Sole 24 ore”, ovvero una fonte assolutamente non incline al facile allarmismo, che pure ci parla di un incremento che è stato all’incirca triplo rispetto alla crescita dell’inflazione che si è avuta nello stesso arco di tempo.


Incremento medio del costo degli affitti che presenta comunque situazioni assai disparate nell’ambito nazionale e, come vedremo, persino nell’ambito assai più ristretto di una piccola regione com’è l’Umbria, visto che il fenomeno ha assunto termini assai più vistosi a Perugia rispetto a Terni.

Infatti il capoluogo regionale conquista un’assai poco invidiabile tredicesima piazza nella classifica dei 103 capoluoghi di provincia italiani stilata in merito dall’autorevole quotidiano finanziario, che considera in particolare le zone semicentrali (prendendo come base un trilocale di 100 mq) ritenute a giusta regione le più significative. Classifica che è capeggiata a quote superiori al 200% da Rimini (221%) e Piacenza (212).

Pur non raggiungendo tali vette Perugia, con il suo 156% di incremento, va a collocarsi comunque ben al di sopra della media in questione, distanziando assai le grandi metropoli italiane (Milano 112%, Napoli 105%, Roma 95%, Palermo 54%....) e persino a una città a forte presenza turistica, come Venezia, che è generalmente considerata carissima e che, invece, ha fatto registrare un incremento di “appena” il 91%.
Come abbiamo detto la situazione si presenta sicuramente in termini meno drammatici per Terni che con il suo 96% di incremento si colloca sullo stesso gradino di Roma e comunque ben al di sotto della media nazionale.

L’inchiesta del “Il Sole 24 ore” ci dice anche che aumenti ancora maggiori si sono registrati per le zone centrali e, al contrario, notevolmente inferiori per quelle più periferiche, il che spiega come mai le famiglie che versano in condizioni economiche più disagiate siano state costrette a migrare sempre più lontano dal centro cittadino, non potendo al pari delle altre assumersi l’onere di un mutuo per l’acquisto della propria abitazione e non potendo contare neppure sui canoni più abbordabili delle case degli enti previdenziali, atteso che per la maggior parte queste proprietà sono state dimesse per fare cassa ed accaparrate proprio da quanti operano su questo mercato con esclusivi fini di lucro.
La spiegazione principale per quanto è accaduto sta dunque nel fatto che in Italia l’offerta pubblica di abitazioni è ormai pressoché inesistente, assolutamente trascurabile al confronto con ciò che accade in tutti gli altri paesi europei ed a pagare pesantemente le spese di tale negligenza sono stati anche gli studenti fuori sede, che sono stati spinti in misura sempre maggiore a rivolgersi al libero mercato per ottenere un posto letto a 400/500 euro mensili.

Ed è imputabile proprio a questa loro “concorrenza” la lievitazione abnorme degli affitti che si è avuta a Perugia, città universitaria che non per caso ha cominciato a pagare questa speculazione con quel calo di iscrizioni al suo Ateneo che tanto ci allarma: la riprova di ciò l’abbiamo esaminando la situazione presente le sedi universitarie, sia quelle nuove che quelle di più antica tradizione, che sono a noi più prossime tanto dal punto di vista chilometrico che per dimensione: presentando queste, tutte indistintamente, una situazione più favorevole rispetto alla nostra (Siena 126% di incremento, Pisa 103%, Ancona 91%, l’Aquila 90%, Viterbo 74%) sono oggi nella condizione di attrarre molto meglio di noi gli studenti fuori sede.

Queste considerazioni, oltre che a sollecitare un impegno maggiore dello Stato a sostegno dell’edilizia pubblica, debbono anche spingere le istituzioni locali e definire, assieme all’Ateneo perugino e all’Adisu, un piano rapido d’intervento che le veda unanimemente impegnate per combattere una speculazione ormai fuori da ogni controllo, ampliando al tempo stesso, ed in misura consistente, l’offerta di alloggi per studenti a costi calmierati.

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