CARO AFFITTI
CARO AFFITTI: DAL 1993 AL 2005 SONO CRESCIUTI IN ITALIA DEL 120%. A PERUGIA DEL 156%. UNA STRATEGIA COMUNE DELLE ISTUTUZIONI LOCALI E DELLO STATO PER COMBATTERE LA SPECULAZIONE
In poco più di 10 anni, per la precisione a partire dal 1993 al 2005, gli affitti si sono incrementati in Italia mediamente del 120%. Ce lo dice uninchiesta condotta sui capoluoghi di provincia italiani dallorgano di Confindustria, Il Sole 24 ore, ovvero una fonte assolutamente non incline al facile allarmismo, che pure ci parla di un incremento che è stato allincirca triplo rispetto alla crescita dellinflazione che si è avuta nello stesso arco di tempo.
In poco più di 10 anni, per la precisione a partire dal 1993 al 2005, gli affitti si sono incrementati in Italia mediamente del 120%. Ce lo dice uninchiesta condotta sui capoluoghi di provincia italiani dallorgano di Confindustria, Il Sole 24 ore, ovvero una fonte assolutamente non incline al facile allarmismo, che pure ci parla di un incremento che è stato allincirca triplo rispetto alla crescita dellinflazione che si è avuta nello stesso arco di tempo.
Incremento medio del costo degli affitti che presenta comunque situazioni assai disparate nellambito nazionale e, come vedremo, persino nellambito assai più ristretto di una piccola regione comè lUmbria, visto che il fenomeno ha assunto termini assai più vistosi a Perugia rispetto a Terni.
Infatti il capoluogo regionale conquista unassai poco invidiabile tredicesima piazza nella classifica dei 103 capoluoghi di provincia italiani stilata in merito dallautorevole quotidiano finanziario, che considera in particolare le zone semicentrali (prendendo come base un trilocale di 100 mq) ritenute a giusta regione le più significative. Classifica che è capeggiata a quote superiori al 200% da Rimini (221%) e Piacenza (212).
Pur non raggiungendo tali vette Perugia, con il suo 156% di incremento, va a collocarsi comunque ben al di sopra della media in questione, distanziando assai le grandi metropoli italiane (Milano 112%, Napoli 105%, Roma 95%, Palermo 54%....) e persino a una città a forte presenza turistica, come Venezia, che è generalmente considerata carissima e che, invece, ha fatto registrare un incremento di appena il 91%.
Come abbiamo detto la situazione si presenta sicuramente in termini meno drammatici per Terni che con il suo 96% di incremento si colloca sullo stesso gradino di Roma e comunque ben al di sotto della media nazionale.
Linchiesta del Il Sole 24 ore ci dice anche che aumenti ancora maggiori si sono registrati per le zone centrali e, al contrario, notevolmente inferiori per quelle più periferiche, il che spiega come mai le famiglie che versano in condizioni economiche più disagiate siano state costrette a migrare sempre più lontano dal centro cittadino, non potendo al pari delle altre assumersi lonere di un mutuo per lacquisto della propria abitazione e non potendo contare neppure sui canoni più abbordabili delle case degli enti previdenziali, atteso che per la maggior parte queste proprietà sono state dimesse per fare cassa ed accaparrate proprio da quanti operano su questo mercato con esclusivi fini di lucro.
La spiegazione principale per quanto è accaduto sta dunque nel fatto che in Italia lofferta pubblica di abitazioni è ormai pressoché inesistente, assolutamente trascurabile al confronto con ciò che accade in tutti gli altri paesi europei ed a pagare pesantemente le spese di tale negligenza sono stati anche gli studenti fuori sede, che sono stati spinti in misura sempre maggiore a rivolgersi al libero mercato per ottenere un posto letto a 400/500 euro mensili.
Ed è imputabile proprio a questa loro concorrenza la lievitazione abnorme degli affitti che si è avuta a Perugia, città universitaria che non per caso ha cominciato a pagare questa speculazione con quel calo di iscrizioni al suo Ateneo che tanto ci allarma: la riprova di ciò labbiamo esaminando la situazione presente le sedi universitarie, sia quelle nuove che quelle di più antica tradizione, che sono a noi più prossime tanto dal punto di vista chilometrico che per dimensione: presentando queste, tutte indistintamente, una situazione più favorevole rispetto alla nostra (Siena 126% di incremento, Pisa 103%, Ancona 91%, lAquila 90%, Viterbo 74%) sono oggi nella condizione di attrarre molto meglio di noi gli studenti fuori sede.
Queste considerazioni, oltre che a sollecitare un impegno maggiore dello Stato a sostegno delledilizia pubblica, debbono anche spingere le istituzioni locali e definire, assieme allAteneo perugino e allAdisu, un piano rapido dintervento che le veda unanimemente impegnate per combattere una speculazione ormai fuori da ogni controllo, ampliando al tempo stesso, ed in misura consistente, lofferta di alloggi per studenti a costi calmierati.
Infatti il capoluogo regionale conquista unassai poco invidiabile tredicesima piazza nella classifica dei 103 capoluoghi di provincia italiani stilata in merito dallautorevole quotidiano finanziario, che considera in particolare le zone semicentrali (prendendo come base un trilocale di 100 mq) ritenute a giusta regione le più significative. Classifica che è capeggiata a quote superiori al 200% da Rimini (221%) e Piacenza (212).
Pur non raggiungendo tali vette Perugia, con il suo 156% di incremento, va a collocarsi comunque ben al di sopra della media in questione, distanziando assai le grandi metropoli italiane (Milano 112%, Napoli 105%, Roma 95%, Palermo 54%....) e persino a una città a forte presenza turistica, come Venezia, che è generalmente considerata carissima e che, invece, ha fatto registrare un incremento di appena il 91%.
Come abbiamo detto la situazione si presenta sicuramente in termini meno drammatici per Terni che con il suo 96% di incremento si colloca sullo stesso gradino di Roma e comunque ben al di sotto della media nazionale.
Linchiesta del Il Sole 24 ore ci dice anche che aumenti ancora maggiori si sono registrati per le zone centrali e, al contrario, notevolmente inferiori per quelle più periferiche, il che spiega come mai le famiglie che versano in condizioni economiche più disagiate siano state costrette a migrare sempre più lontano dal centro cittadino, non potendo al pari delle altre assumersi lonere di un mutuo per lacquisto della propria abitazione e non potendo contare neppure sui canoni più abbordabili delle case degli enti previdenziali, atteso che per la maggior parte queste proprietà sono state dimesse per fare cassa ed accaparrate proprio da quanti operano su questo mercato con esclusivi fini di lucro.
La spiegazione principale per quanto è accaduto sta dunque nel fatto che in Italia lofferta pubblica di abitazioni è ormai pressoché inesistente, assolutamente trascurabile al confronto con ciò che accade in tutti gli altri paesi europei ed a pagare pesantemente le spese di tale negligenza sono stati anche gli studenti fuori sede, che sono stati spinti in misura sempre maggiore a rivolgersi al libero mercato per ottenere un posto letto a 400/500 euro mensili.
Ed è imputabile proprio a questa loro concorrenza la lievitazione abnorme degli affitti che si è avuta a Perugia, città universitaria che non per caso ha cominciato a pagare questa speculazione con quel calo di iscrizioni al suo Ateneo che tanto ci allarma: la riprova di ciò labbiamo esaminando la situazione presente le sedi universitarie, sia quelle nuove che quelle di più antica tradizione, che sono a noi più prossime tanto dal punto di vista chilometrico che per dimensione: presentando queste, tutte indistintamente, una situazione più favorevole rispetto alla nostra (Siena 126% di incremento, Pisa 103%, Ancona 91%, lAquila 90%, Viterbo 74%) sono oggi nella condizione di attrarre molto meglio di noi gli studenti fuori sede.
Queste considerazioni, oltre che a sollecitare un impegno maggiore dello Stato a sostegno delledilizia pubblica, debbono anche spingere le istituzioni locali e definire, assieme allAteneo perugino e allAdisu, un piano rapido dintervento che le veda unanimemente impegnate per combattere una speculazione ormai fuori da ogni controllo, ampliando al tempo stesso, ed in misura consistente, lofferta di alloggi per studenti a costi calmierati.
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