TRIMESTRALE DI CASSA CONFERMA LO SFASCIO DEI CONTI PUBBLICI
LA TRIMESTRALE DI CASSA CONFERMA LO SFASCIO DEI CONTI PUBBLICI. LA SERIETA AL GOVERNO PER RICONQUISTARE IL PRESTIGIO PERDUTO
Avevano buone ragioni quanti temevano il peggio dalla trimestrale di cassa, documento che il centro destra ha lungamente tentato di nascondere consapevole dellulteriore giudizio critico che lavrebbe inchiodato alle sue responsabilità, essendo riuscito, pur mascherando il tutto con cifre fortemente edulcorate (la realtà è ancora peggiore), a centrare allo stesso tempo tre obiettivi non certo invidiabili: la conferma anche per lanno in corso del forte decremento dellavanzo primario, assestatosi ormai attorno al mezzo punto di percentuale, dagli oltre quattro lasciatigli in eredità dal centro sinistra; la conferma anche del forte sforamento del rapporto deficit/pil attorno al 3,8%; la crescita del debito pubblico al 108%, con un ulteriore incremento dell1,6% rispetto al 2005.
Avevano buone ragioni quanti temevano il peggio dalla trimestrale di cassa, documento che il centro destra ha lungamente tentato di nascondere consapevole dellulteriore giudizio critico che lavrebbe inchiodato alle sue responsabilità, essendo riuscito, pur mascherando il tutto con cifre fortemente edulcorate (la realtà è ancora peggiore), a centrare allo stesso tempo tre obiettivi non certo invidiabili: la conferma anche per lanno in corso del forte decremento dellavanzo primario, assestatosi ormai attorno al mezzo punto di percentuale, dagli oltre quattro lasciatigli in eredità dal centro sinistra; la conferma anche del forte sforamento del rapporto deficit/pil attorno al 3,8%; la crescita del debito pubblico al 108%, con un ulteriore incremento dell1,6% rispetto al 2005.
Ciò vuol dire che il governo che verrà dovrà faticare assai per rimediare al disastro prodotto dalla finanza creativa di Tremonti, dovendo anche fare i conti con unopinione pubblica internazionale fortemente scettica sulle nostre possibilità di farcela.
La copertina del numero in edicola dedicato allEuropa dellEconomist, autorevole settimanale britannico, interamente dedicata a Berlusconi, con su una foto del nostro premier accompagnata con la scritta basta ed unesortazione agli italiani affinché si sbarazzino di lui, la dice lunga sul prestigio internazionale che il cavaliere millanta di aver procurato al nostro paese.
Ma la cosa che ci preoccupa di più è che, proprio alla luce di questa trimestrale, possa arrivare per lItalia un ulteriore declassamento da parte delle principali agenzia internazionali di rating, quelle stesse agenzie che avvertono gli investitori internazionali sullaffidabilità degli Stati, o meglio ancora dei titoli di credito che questi emettono per finanziare le loro attività.
Se ciò accadesse sarebbe unautentica mazzata per noi perché, oltre ad aumentare la diffidenza rendendo più difficile e costosa la collocazione futura dei nostri titoli, eleverebbe anche il tasso di interesse che già paghiamo sul gigantesco debito pubblico che pesa come un macigno sulla nostra economia. Migliaia di miliardi di euro che, anziché regalare ai nostri creditori, sarebbe per noi più utile investire per rendere più competitivo il sistema Italia, per migliorare i servizi e le infrastrutture, per rilanciare loccupazione (quella vera e non precaria), per assistere di più e meglio le famiglie in difficoltà, in altre parole per cambiare il volto di questo paese.
Intanto i primi sintomi si sono già manifestati, con la banca daffari Goldman Sachs che ha invitato i suoi clienti a sbarazzarsi dei titoli di credito italiani, prima che divengano carta straccia come quelli argentini di qualche anno fa. Lalto debito pubblico (in crescita per il secondo anno di fila), unito alla perdurante stagnazione economica, fanno prevedere per un futuro non roseo ed è perciò meglio non rischiare, perché lItalia potrebbe presto trovarsi nellimpossibilità di pagare.
E non varrà certo a rimettere le cose per il verso giusto il consueto ritornello del ministro Tremonti, secondo il quale lEuropa avrebbe certificato che conti italiani sono a posto, tanto più che la crisi non è solo nostra avendo colpito pesantemente perfino la Germania. Tremonti dice cose non vere perché lEuropa non ha certificato alcunché, limitandosi a prendere atto degli impegni da lui assunti per rientrare al più presto entro parametri economici accettabili ed in linea con il resto del continente, avvertendo comunque che sorveglierà attentamente sul rispetto di questi impegni.
Quanto alla Germania, questo grande paese, oltre a non essere oberato da un debito pubblico gigantesco come il nostro, può contare su un sistema produttivo assai più efficiente di quello italiano, tanto che, mentre noi perdiamo in continuazione quote di mercato, proprio oggi è arrivata la notizia di un avanzo commerciale tedesco, a febbraio, di 12,5 miliardi di euro, grazie ad una crescita del 4,6% che noi manco ci sogniamo.
A questo punto, perciò, la nostra sola speranza sta in un immediato cambiamento politico alla guida del paese, per riportare quella serietà al governo invocata in un efficace slogan elettorale. E la prima cosa di cui lItalia abbisogna per riguadagnare la perduta considerazione internazionale e, come scrive sempre l Economist, Prodi ha delle chances concrete per farcela.
La copertina del numero in edicola dedicato allEuropa dellEconomist, autorevole settimanale britannico, interamente dedicata a Berlusconi, con su una foto del nostro premier accompagnata con la scritta basta ed unesortazione agli italiani affinché si sbarazzino di lui, la dice lunga sul prestigio internazionale che il cavaliere millanta di aver procurato al nostro paese.
Ma la cosa che ci preoccupa di più è che, proprio alla luce di questa trimestrale, possa arrivare per lItalia un ulteriore declassamento da parte delle principali agenzia internazionali di rating, quelle stesse agenzie che avvertono gli investitori internazionali sullaffidabilità degli Stati, o meglio ancora dei titoli di credito che questi emettono per finanziare le loro attività.
Se ciò accadesse sarebbe unautentica mazzata per noi perché, oltre ad aumentare la diffidenza rendendo più difficile e costosa la collocazione futura dei nostri titoli, eleverebbe anche il tasso di interesse che già paghiamo sul gigantesco debito pubblico che pesa come un macigno sulla nostra economia. Migliaia di miliardi di euro che, anziché regalare ai nostri creditori, sarebbe per noi più utile investire per rendere più competitivo il sistema Italia, per migliorare i servizi e le infrastrutture, per rilanciare loccupazione (quella vera e non precaria), per assistere di più e meglio le famiglie in difficoltà, in altre parole per cambiare il volto di questo paese.
Intanto i primi sintomi si sono già manifestati, con la banca daffari Goldman Sachs che ha invitato i suoi clienti a sbarazzarsi dei titoli di credito italiani, prima che divengano carta straccia come quelli argentini di qualche anno fa. Lalto debito pubblico (in crescita per il secondo anno di fila), unito alla perdurante stagnazione economica, fanno prevedere per un futuro non roseo ed è perciò meglio non rischiare, perché lItalia potrebbe presto trovarsi nellimpossibilità di pagare.
E non varrà certo a rimettere le cose per il verso giusto il consueto ritornello del ministro Tremonti, secondo il quale lEuropa avrebbe certificato che conti italiani sono a posto, tanto più che la crisi non è solo nostra avendo colpito pesantemente perfino la Germania. Tremonti dice cose non vere perché lEuropa non ha certificato alcunché, limitandosi a prendere atto degli impegni da lui assunti per rientrare al più presto entro parametri economici accettabili ed in linea con il resto del continente, avvertendo comunque che sorveglierà attentamente sul rispetto di questi impegni.
Quanto alla Germania, questo grande paese, oltre a non essere oberato da un debito pubblico gigantesco come il nostro, può contare su un sistema produttivo assai più efficiente di quello italiano, tanto che, mentre noi perdiamo in continuazione quote di mercato, proprio oggi è arrivata la notizia di un avanzo commerciale tedesco, a febbraio, di 12,5 miliardi di euro, grazie ad una crescita del 4,6% che noi manco ci sogniamo.
A questo punto, perciò, la nostra sola speranza sta in un immediato cambiamento politico alla guida del paese, per riportare quella serietà al governo invocata in un efficace slogan elettorale. E la prima cosa di cui lItalia abbisogna per riguadagnare la perduta considerazione internazionale e, come scrive sempre l Economist, Prodi ha delle chances concrete per farcela.
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