LITALIA PRIMA IN EUROPA PER IL CAROVITA: CON IL GOVERNO DELLUNIONE IMMEDIATE MISURE PER RIDISTRIBUIRE IL REDDITO A FAVORE DEI PIU DEBOLI
Abitare a Lisbona e guadagnarsi lo stipendio nel Lussemburgo: se la cosa fosse realizzabile sarebbe il sogno di ogni lavoratore, considerato che il Portogallo è il paese europeo dove i prezzi sono più bassi, mentre le aziende del Granducato sono quelle che garantiscono le più alte retribuzioni. Sognare, si sa, non costa nulla ed è comprensibile tanto più per noi italiani, visto che fra chi vive, lavora e consuma quotidianamente nel bel Paese è largamente prevalente la sensazione di essere diventato più povero al termine dei cinque anni di governo delle destre.
Abitare a Lisbona e guadagnarsi lo stipendio nel Lussemburgo: se la cosa fosse realizzabile sarebbe il sogno di ogni lavoratore, considerato che il Portogallo è il paese europeo dove i prezzi sono più bassi, mentre le aziende del Granducato sono quelle che garantiscono le più alte retribuzioni. Sognare, si sa, non costa nulla ed è comprensibile tanto più per noi italiani, visto che fra chi vive, lavora e consuma quotidianamente nel bel Paese è largamente prevalente la sensazione di essere diventato più povero al termine dei cinque anni di governo delle destre.
Ora cè chi - in prima fila il nostro presidente del consiglio - cerca di sviare su altri questa tremenda responsabilità, prendendosela soprattutto con la moneta unica colpevole, a suo dire, di tutti i guai che ci sono piovuti addosso. Ma per capire che le cose non stanno proprio così basta il semplice raffronto con quanto è accaduto in questi stessi anni negli altri paesi europei nostri partner, quelli che insieme a noi hanno adottato leuro: in nessuno di questi si è registrata una divaricazione così ampia fra il livello dei prezzi e delle tariffe e quello dei salari, il che rende evidente che la responsabilità di questa situazione va attribuita principalmente a chi non si è preoccupato di effettuare i dovuti controlli.
Il 'Progetto Operae', un nuovo osservatorio creato dal Movimento Consumatori guidato da Lorenzo Miozzi, ha focalizzato l'attenzione proprio sul rapporto tra gli stipendi e il costo medio dei prodotti e dei servizi in Eurolandia. I risultati di questa ricerca, che sono stati consegnati alla Camera di Commercio di Milano e da questa mai diffusi, portano a quello che già gli italiani, in cuor loro, sanno, ovvero che dall'entrata in vigore della nuova moneta il loro potere d'acquisto si è drasticamente ridotto, ma la considerazione successiva è che la stessa cosa non è accaduta, almeno non nella stessa misura, negli altri grandi paesi europei, come la Francia, la Spagna e la Germania.
Basandosi su una messe di dati forniti da una pluralità di agenzie, quali Istat, Eurostat, Ocse, Ubs, Eurofund e Ires, l'osservatorio Operae è arrivato al seguente e inequivocabile risultato: fatto 100 il rapporto salari/prezzi nel 1991, da noi si è scesi a 98 nel 2002, mentre in Germania, per esempio, sono saliti a 140. In altre parole ciò vuol dire che con la stessa unità di moneta 100, in Italia già nel 2002 si comprava per 98, mentre in Germania si comprava per 140. Questo perché, anche se è vero che in Germania, in alcuni settori i prezzi restano pur sempre più alti che da noi, è altrettanto vero che un insegnante di Francoforte, tanto per fare un caso concreto, percepisce in media 2.500 euro mensili quando il suo collega italiano non supera mediamente i 1.400 euro. Lo stesso concetto possiamo esprimerlo in altra maniera: ad esempio, mentre nel 1950 per acquistare un chilo di pane un operaio italiano spendeva allincirca l'1,1 per cento del suo stipendio giornaliero, nel 2004 quello stesso un chilo di pane gli costava il 10,6 per cento. In pratica quel costo si è decuplicato nel giro di 50 anni.
abbozziamo allora un conto più vicino ai nostri tempi: nel 2001 un chilo di pane costava in Italia l'equivalente di 1,25 euro contro l'euro tondo tondo della Francia e lo 0,9 della Spagna. Nel quarto compleanno della moneta unica, noi siamo passati a 3,5 euro, i francesi a 1,5 e gli spagnoli a 1,4. E più chiaro così?!
Ecco spiegato perché Milano è diventata una tra le città più care d'Europa - più di Parigi, Berlino, Francoforte, Barcellona, Madrid, Lione secondo un processo di crescita dei prezzi al quale non ha corrisposto un adeguamento salariale pari a quello che si è verificato altrove. Di conseguenza ai nostri lavoratori e pensionati non è restato altro da fare che tirare la cinghia fino allestremo per cercare di resistere, ma non tutti ce lhanno fatta.
Tutto questo ci porta a condividere pienamente limpegno chiaramente indicato nel programma di governo dellUnione di lavorare al risanamento delleconomia del Paese, senza però osservare la consueta strategia dei due tempi: un primo tempo per rimettere le cose in sesto, un secondo tempo, che poi non arriva mai, per rendere giustizia a quanti, e sono largamente i più, hanno pagato sulla loro pelle le nefandezze delle tre punte Berlusconi-Casini-Fini. Se lUnione vincerà le prossime elezioni saranno immediatamente varate misure per ridistribuire sin da subito la ricchezza del Paese, chiamando a contribuire gli evasori fiscali e i detentori dei grandi redditi finanziari e patrimoniali che il Cavaliere ha non certo disinteressatamente graziato.
Il 'Progetto Operae', un nuovo osservatorio creato dal Movimento Consumatori guidato da Lorenzo Miozzi, ha focalizzato l'attenzione proprio sul rapporto tra gli stipendi e il costo medio dei prodotti e dei servizi in Eurolandia. I risultati di questa ricerca, che sono stati consegnati alla Camera di Commercio di Milano e da questa mai diffusi, portano a quello che già gli italiani, in cuor loro, sanno, ovvero che dall'entrata in vigore della nuova moneta il loro potere d'acquisto si è drasticamente ridotto, ma la considerazione successiva è che la stessa cosa non è accaduta, almeno non nella stessa misura, negli altri grandi paesi europei, come la Francia, la Spagna e la Germania.
Basandosi su una messe di dati forniti da una pluralità di agenzie, quali Istat, Eurostat, Ocse, Ubs, Eurofund e Ires, l'osservatorio Operae è arrivato al seguente e inequivocabile risultato: fatto 100 il rapporto salari/prezzi nel 1991, da noi si è scesi a 98 nel 2002, mentre in Germania, per esempio, sono saliti a 140. In altre parole ciò vuol dire che con la stessa unità di moneta 100, in Italia già nel 2002 si comprava per 98, mentre in Germania si comprava per 140. Questo perché, anche se è vero che in Germania, in alcuni settori i prezzi restano pur sempre più alti che da noi, è altrettanto vero che un insegnante di Francoforte, tanto per fare un caso concreto, percepisce in media 2.500 euro mensili quando il suo collega italiano non supera mediamente i 1.400 euro. Lo stesso concetto possiamo esprimerlo in altra maniera: ad esempio, mentre nel 1950 per acquistare un chilo di pane un operaio italiano spendeva allincirca l'1,1 per cento del suo stipendio giornaliero, nel 2004 quello stesso un chilo di pane gli costava il 10,6 per cento. In pratica quel costo si è decuplicato nel giro di 50 anni.
abbozziamo allora un conto più vicino ai nostri tempi: nel 2001 un chilo di pane costava in Italia l'equivalente di 1,25 euro contro l'euro tondo tondo della Francia e lo 0,9 della Spagna. Nel quarto compleanno della moneta unica, noi siamo passati a 3,5 euro, i francesi a 1,5 e gli spagnoli a 1,4. E più chiaro così?!
Ecco spiegato perché Milano è diventata una tra le città più care d'Europa - più di Parigi, Berlino, Francoforte, Barcellona, Madrid, Lione secondo un processo di crescita dei prezzi al quale non ha corrisposto un adeguamento salariale pari a quello che si è verificato altrove. Di conseguenza ai nostri lavoratori e pensionati non è restato altro da fare che tirare la cinghia fino allestremo per cercare di resistere, ma non tutti ce lhanno fatta.
Tutto questo ci porta a condividere pienamente limpegno chiaramente indicato nel programma di governo dellUnione di lavorare al risanamento delleconomia del Paese, senza però osservare la consueta strategia dei due tempi: un primo tempo per rimettere le cose in sesto, un secondo tempo, che poi non arriva mai, per rendere giustizia a quanti, e sono largamente i più, hanno pagato sulla loro pelle le nefandezze delle tre punte Berlusconi-Casini-Fini. Se lUnione vincerà le prossime elezioni saranno immediatamente varate misure per ridistribuire sin da subito la ricchezza del Paese, chiamando a contribuire gli evasori fiscali e i detentori dei grandi redditi finanziari e patrimoniali che il Cavaliere ha non certo disinteressatamente graziato.
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