venerdì 31 marzo 2006

ABBATTIMENTO DEL CUNEO CONTRIBUTIVO

PERCHE’ E COME SI FINANZIERA’ L’ABBATTIMENTO DEL CUNEO CONTRIBUTIVO PROPOSTO DALL’UNIONE. QUANTO CI GUADAGNERANNO I LAVORATORI E LE IMPRESE

L’impegno dell’Unione di ridurre di 5 punti il “cuneo fiscale” nel primo anno di governo è certamente al centro dell’attenzione di questa campagna elettorale. All’interrogativo posto dai “berluscones” su come verrà finanziata questa manovra, la risposta è stata chiara e convincente: ad esempio facendo pagare le tasse a chi le ha sin qui evase, usufruendo anche dei ripetuti condoni decisi dal governo delle destre, ed anche chiamando ad una maggiore contribuzione i possessori di grandi patrimoni e soprattutto i cosiddetti “furbetti del quartierino” che hanno accumulato enormi rendite finanziarie completamente esentasse.


Quindi nessun aumento di imposte generalizzato, che anzi i ceti meno abbienti se le vedranno ridurre grazie ad una operazione di riequilibrio volta ad reintrodurre il criterio della progressività che Berlusconi ha interessatamente abbattuto, novello Robin Hood alla rovescia che ha tolto ai poveri per regalare ai ricchi.

E nessuna maggiore tassazione sui titoli di stato già emessi, o reintroduzione generalizzata della tassa di successione, come hanno furbescamente tentato di paventare Tremonti e soci, nell’esplicito tentativo di recuperare il voto di qualche risparmiatore terrorizzato dalle loro bugie, che anzi ci guadagnerà ancora una volta grazie alla riduzione del prelievo fiscale sui conti correnti che scenderà al 20% dall’attuale 27%. Nuova tassa di successione che – è stato arcispiegato – riguarderà ancora una volta unicamente i grandi patrimoni (500/600 persone in tutto), come avviene in ogni parte del mondo, e non certo la casetta che i genitori lasciano in eredità ai loro figlio, come anche la piccola attività - commerciale o artigianale che sia - messa in piedi con i sacrifici di una vita.

Chiarito tutto ciò, va detto che la riduzione di questo benedetto nucleo contributivo, o fiscale che dir si voglia, viene proposta allo scopo di ridurre il costo del lavoro, così da consentire alle imprese italiane di meglio competere sui mercati internazionali ed assicurare una maggiore occupazione.

Ma non solo questo, perché parte del gettito che verrà a mancare per le casse dello Stato i lavoratori se lo ritroveranno direttamente nelle loro buste paga, come avvio di una necessaria operazione di ridistribuzione del reddito a favore delle fasce più deboli della popolazione italiana che hanno pesantemente pagato il carovita di questi anni e che dovranno presto sopportare altri aggravi per l’aumento delle tariffe di metano ed acqua.

Quanto? Dirlo con esattezza non è ancora possibile, perché deve essere ancora definita la parte che andrà alle imprese e quella che finirà nelle buste paga, ma, ipotizzando che questa ripartizione avvenga al 50%, un calcolo al riguardo è stato fatto da Il Sole 24 ore che è arrivato alla seguente conclusione: per i lavoratori il guadagno netto mensile si aggirerà attorno ai 26,84 euro, mentre per le imprese dovrebbe essere di circa 356,25 euro annui per dipendente, che, divisi per le canoniche 13 mensilità, fanno all’incirca lo stesso importo.

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