lunedì 13 febbraio 2006

RIFONDAZIONE COMUNISTA ACCOGLIE LA PROPOSTA AVANZATA DALLA CGIL DELL’UMBRIA: FACCIAMO UNA LEGGE SULLA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE MULTINAZIONALI

La proposta avanzata dalla Cgil dell’Umbria, sulla necessità che la Regione dell’Umbria elabori una legge sulla responsabilità sociale delle imprese, da consegnare poi al Parlamento, trova la piena disponibilità del gruppo consiliare di Rifondazione comunista.

Che le relazioni industriali prima, ma anche quelle istituzionali, con le multinazionali in Umbria siano fortemente sperequate a favore di quest’ultime non è un’opinione, ma è testimoniato dalle tante crisi che si susseguono a ritmo serrato sul territorio.
Crisi che in alcuni casi hanno avuto un esito drammatico, con la chiusura dei siti produttivi, come successo per la Ferro di Cannara o la Cisa di Tavernelle. Fabbriche, ben inteso, già ristrutturate, sane, all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, punte avanzate dell’innovazione di processo e dei prodotti, smantellate in presenza di bilanci che, solo l’anno prima, hanno prodotto miliardi di profitto. Con la sola colpa di non rientrare più nel quadro delle convenienze planetarie delle rispettive corporations.

Preoccupano assai le vicende sul versante territoriale di Terni e Narni, che con lo spezzatino derivante dallo smantellamento delle partecipazioni statali vedono, oltre alla fine della “polisettorialità” delle acciaierie, con la chiusura del magnetico e la relativa crisi occupazionale diretta e dell’indotto, anche la crisi del polo chimico e, di fatto, la conseguente chiusura della Terni Industrie Chimiche.

Non da meno destano preoccupazioni la chiusura alla Perugina del torrefattore e il mancato arrivo di ulteriori volumi di produzioni dalla Francia, così come era stato concordato con le organizzazioni sindacali. In Umbria, certo, è vero: manca una legge regionale attinente alle “politiche industriali” e alla istituzione dei distretti industriali.

Così, ai limiti strutturali del sistema industriale, ai ritardi nel campo dell’innovazione e della ricerca, agli effetti distruttivi della politica economica del governo, si aggiunge il ruolo senza controllo e devastante delle multinazionali.
L’Italia, ma anche l’Umbria, si sta trasformando in una sorta di colonia industriale le cui scelte non sono finalizzate all’utilità sociale, come prevede l’art. 41 della Costituzione. Le esternalizzazioni e le delocalizzazioni produttive hanno modificato il nostro sistema industriale, mentre la frantumazione della fabbrica tradizionale e la dispersione dei lavoratori sul territorio e nel vortice della precarietà hanno reso complicato difendere l’occupazione.

La concorrenza tra siti produttivi e la minaccia di spostamento di produzioni nell’Europa del “dumping sociale” hanno reso difficile azioni e proposte comuni, nazionali e transnazionali, dei lavoratori, delle forze della sinistra, delle istituzioni. È in atto un’erosione dei settori strategici dello sviluppo economico, nei quali, se non vogliamo consegnare il nostro futuro a soggetti estranei al territorio, si dovrebbe invece investire con la garanzia dell’intervento diretto dello Stato.

Le multinazionali contano su ingenti risorse, sono in grado di produrre e piegare la ricerca e l’innovazione al profitto senza vincoli etici, sovrastano lo Stato stesso, il cui ruolo è diventato funzionale alle scelte liberiste. Oggi non esiste un bilanciamento e un ruolo attivo significativo da parte dello Stato e delle Regioni in economia.

In Italia e in Umbria si dovrà ancora lottare per confermare ed aggiornare un modello sociale che garantisca a tutti i lavoratori e ai cittadini i diritti fondamentali e universalistici, nei luoghi di lavoro e nella società. Le vicende nazionali e regionali confermano che il modello di società delle multinazionali resta identico; l’imperativo è delocalizzare, ristrutturare il ciclo produttivo, esternalizzare i costi, ridurre i diritti dei lavoratori, estendere flessibilità e precarietà per fare profitti e dispensare dividendi.

Il grave ritardo della costituzione di un tavolo regionale costituito da istituzioni, parti sociali, multinazionali, rappresenta un’ulteriore aggravante del metodo con cui si costruisce il confronto in Umbria, regione che conta la più alta percentuale di siti produttivi multinazionali, con un conseguente e rilevante peso rispetto alla produzione, al Pil, al livello dell’export e dell’import, ai livelli tecnologici e occupazionali.

Dunque Rifondazione dell’Umbria, accogliendo la proposta della Cgil, ritiene necessaria una iniziativa politica ed istituzionale, non più rinviabile, che si muova su un doppio binario: da un lato, occorre rilanciare con forza il tavolo regionale per sottoscrivere un patto che preveda la reciproca convenienza tra territorio e multinazionali, dall’altro, è necessario produrre una legge sulla responsabilità sociale delle imprese multinazionali.

Il ruolo delle multinazionali in Umbria induce a riflettere e a ricercare nuove risposte politiche, istituzionali e sindacali, per contrastare un potere economico funzionale a un progetto di società gerarchico che possiamo contrastare solo attraverso una proposta politica e sociale alternativa.

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