PRECARIETA' NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
LA POLITICA DEL GOVERNO NAZIONALE HA RESO SEMPRE PIU PRECARIO IL LAVORO NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. ORA PUNTA AI LICENZIAMENTI
La nostra richiesta allAmministrazione comunale di Perugia di farsi capofila di un movimento degli Enti locali umbri per la lotta alle diverse forme di precariato che si sono andate sempre più diffondendo anche al loro interno, trova spiegazione nei dati estremamente allarmanti, pur se ancora parziali, che sono disponibile riguardo alla dimensione di un fenomeno che il governo uscente ha cercato di arginare non certo attraverso la stabilizzazione nel tempo di questi diversi contratti atipici di lavoro, bensì ricorrendo sempre più massicciamente allarma del licenziamento.
La nostra richiesta allAmministrazione comunale di Perugia di farsi capofila di un movimento degli Enti locali umbri per la lotta alle diverse forme di precariato che si sono andate sempre più diffondendo anche al loro interno, trova spiegazione nei dati estremamente allarmanti, pur se ancora parziali, che sono disponibile riguardo alla dimensione di un fenomeno che il governo uscente ha cercato di arginare non certo attraverso la stabilizzazione nel tempo di questi diversi contratti atipici di lavoro, bensì ricorrendo sempre più massicciamente allarma del licenziamento.
Basti considerare che dal Conto Annuale dello Stato risulta che nel triennio che va dal 2001 al 2003 le pubbliche amministrazioni italiane avevano attivato ben 280.000 contratti di lavoro flessibili e impiegato circa 180.000 lavoratori estranei. Un numero impressionante che va collegato alla riduzione delloccupazione a tempo indeterminato causata dalle politiche di blocco delle assunzioni che erano state attivate nel frattempo.
Va poi tenuto conto del fatto che questi numeri sono approssimati per difetto, e questo almeno per due motivi: il primo conseguente alle stesse modalità di rilevazione dei dati (mancano enti ed alcuni utilizzano diverse tipologie di impiego); il secondo inerente al fatto che ci si ferma al 2003, mentre tanto nel 2004 che nel 2005 si è ulteriormente allargata la platea del lavoro precario.
In particolare nel triennio di riferimento si configurano circa 90.000 rapporti di lavoro a tempo determinato (quasi tutti a chiamata diretta) per ciascun anno (rispettivamente 84.964 - 86.948 - 96.029). A questi vanno aggiunti circa 5.500 contratti di formazione lavoro (con una punta di 3.000 per il 2003); circa 21.000 rapporti di lavoro interinali; circa 162.000 lavoratori socialmente utili.
Sono poi ancora da aggiungere, nel solo biennio 2002-2003, circa 174.000 co.co.co.
E bene anche rammentare che queste ultime cifre sono palesemente e fortemente sottostimate proprio perché non trattandosi di lavoratori dipendenti - almeno giuridicamente - le stesse modalità di rilevazione sono imprecise.
La Corte dei Conti ha comunque accertato almeno 200.000 contratti di collaborazione annui in palese violazione della legge che ne permette lutilizzo nelle Pubbliche Amministrazioni: la legge 30 abolisce le co.co.co. nel mondo privato, ma non nel pubblico.
Orbene, su questa enorme platea interviene per ultimo la finanziaria per il 2006 che prevede che la spesa per il lavoro non a tempo indeterminato non debba superare il 60% della spesa analoga prevista per il 2003.
La prima conseguenza è che per la forza dei numeri circa 90.000 persone non potranno più avere un misero, ma pur vitale, contratto a tempo determinato od una collaborazione rinnovata anche per lanno in corso. Si tratta, perciò, di 90.000 licenziamenti veri e propri, considerato che il blocco delle assunzioni aveva sì creato lavori precari, ma comunque stabili nel tempo e di lunga durata. Ed anche questo numero di 90.000 è approssimato per difetto, visto anche che non vi compare il comparto scuola, come pure il comparto della Sicurezza e delle Forze Armate.
Di contro, sul fronte delle politiche assunzionali abbiamo che, a fronte di un tasso di cessazione dal servizio che si aggira intorno al 3% annuo, nel 2003 sono stati tagliati circa 32.000 posti di lavoro (-0,9% del totale che sono stati rimpiazzati in parte con personale precario). E non abbiamo ancora i dati aggiornati e verificati per il 2004 ed il 2005.
Ragionando sulle scelte delle varie leggi finanziarie possiamo osservare comunque che, se per il 2004 il blocco delle assunzioni era mitigato dallo stanziamento di un fondo di circa 280 milioni di euro (per le sole Amministrazioni Centrali) che permetteva lassunzione di circa 9.000 unità di personale, per gli anni successivi 2005/2006/2007 il blocco delle assunzioni è invece rigidamente definito e le amministrazioni locali potranno assumere a tempo indeterminato solo nel limite massimo del 20-25% delle cessazioni. Ciò equivale, a fonte di un turn over annuale di circa 36.000 unità, alla possibilità di assumere dalle 7.000 alle 9.000 unità rendendo con ciò problematica persino lapertura degli uffici al pubblico e la gestione dei servizi.
Infine, la finanziaria stabilisce che per il triennio 2006/2007/2008 la spesa per il personale debba essere uguale a quella del 2004 ridotta dell1%, per cui è legittimo ipotizzare che a fine triennio i lavoratori pubblici si saranno ulteriormente ridotti di almeno 120.000 unità, cifra dalla quale resta sempre fuori la scuola.
A corollario di queste nostre considerazioni va tenuto conto che i tagli occupazionali decisi con lultima finanziaria dal governo Berlusconi e la previsione del taglio di spese per il personale sono servite per finanziare il secondo modulo fiscale, con la conseguenza che gli alti e gli altissimi redditi hanno avito benefici che sono stati pagati con minori posti di lavoro e con il licenziamento di tanti lavoratori precari.
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