martedì 28 febbraio 2006

ISTRUZIONE: LA GRANDE MALATA D’ITALIA. CON BERLUSCONI MENO SOLDI ALLA SCUOLA PUBBLICA E PIU’ A QUELLA PRIVATA. ED E’ CRESCIUTO IL PRECARIATO IN SPECIE FRA GLI INSEGNANTI DI SOSTEGNO

Se c’è un settore che più di ogni altro segna il fallimento del governo Berlusconi, questo è quello della scuola. La maggioranza di centro destra lascia la scuola pubblica più povera e precaria, con molti meno soldi da spendere, sia per il funzionamento che per le attività didattiche, con aule più affollate e con i portatori di handicap abbandonati a loro stessi. Al contrario la scuola privata può gioire perché gli vengono dati molti più soldi di prima.


Ciò ha fatto sì che nel quinquennio trascorso si sia passati da un concetto di “scuola solidale”, nella quale si guardava soprattutto ad evitare forti sperequazioni di ordine sociale, aiutando i più deboli, ad un concetto di “scuola competitiva” di derivazione anglosassone, nella quale chi rimane indietro, magari solo perché meno sprovvisto di “mezzi”, è da considerarsi perduto.

Nel suo complesso il sistema è comunque regredito, tanto che i dati diffusi dall’Ocse attestano come al peggioramento delle condizioni per i più deboli non abbia corrisposto un equivalente miglioramento per i più fortunati. In sostanza regna tanta incertezza che si traduce in malessere per gli insegnanti e superlavoro per le segreterie.

Tutto questo si può sintetizzare in pochi dati: in quattro anni (dal 2001/2002, il numero di alunni si è incrementato di oltre 106 mila unità, per cui la popolazione scolastica è cresciuta del 1,4 per cento, toccando la quota record di 7 milioni e 714 mila alunni. A questo aumento non ha però corrisposto un equivalente incremento del numero delle classi, visto che per ospitare i 106 mila alunni in più sono state attivate appena 364 nuove classi, quindi l’affollamento delle aule è passato da 20,3 a 20,6 alunni, ma nella scuole dell’infanzia la media è arrivata a 23,4 bambini per classe.

Per quanto riguarda il personale ad abbondare sono stati solo i tagli. I docenti a tempo indeterminato sono oggi appena 709 mila e 800: 26 mila in meno di quattro anni fa. In compenso i precari sono aumentati del 26%. In cattedra un docente su sette (122 mila in tutto, contro i 97 mila del 2001) è precario e questo fenomeno ha colpito soprattutto il sostegno agli alunni portatori di handicap, visto che uno su due degli insegnanti a ciò adibiti è precario.

La musica non cambia se si analizzano i finanziamenti. In soli quattro anni, i fondi per le cosiddette spese di funzionamento delle scuole - che servono per comprare i registri di classe. la carta igienica, i computer, le stampanti, ecc. - si sono quasi dimezzati (-44 %). Idem per i finanziamenti destinati ai Pof (i Piani dell'offerta formativa) delle scuole statali: prima ricevevano 258 milioni di euro oggi 197, con un taglio netto del 24 %. Soldi che sono passati direttamente alle scuole private, fenomeno che è stato denunciato perfino dalla Corte dei Conti.
Tanto per capirci i Pof delle scuole non statali, che nel 2001 non ricevevano neppure un euro di contributo dallo Stato, ora ne ricevono per 4,5 milioni, mentre per le scuole elementari e materne private si è passati da 476 a 532 milioni di euro. Un più 12 per cento.

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