giovedì 24 agosto 2006

RILANCIARE I CONSUMI

RILANCIARE I CONSUMI? UN’ESIGENZA CHE CONDIVIDIAMO E CHE PASSA PER LA LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE

Primo: rilanciare i consumi. Almeno su questa esigenza siamo perfettamente d’accordo con i rappresentanti dei lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, professionisti, piccoli imprenditori) che hanno preso in questi giorni le difese dei loro associati, respingendo con sdegno le affermazioni di quegli uomini di governo che, nell’annunciare l’avvio di una lotta più serrata all’evasione fiscale, hanno anche sostenuto che proprio queste sono le categorie che più di altre alimentano questo fenomeno.

Un’accusa ingiusta, hanno sostenuto con decisione, cercando, anche con un pizzico di demagogia, di ribaltare buona parte di questa responsabilità su chi si dedica alla prassi ugualmente condannabile del doppio o triplo lavoro, fatto innegabile che non può però coprire, per le sue dimensioni, la vasta palude di economia sommersa che sta soffocando il nostro Paese e che si vorrebbe uno buona volta prosciugare.

Se siamo d’accordo sulla necessità improrogabile di rilanciare i consumi, al fine di dare ossigeno alle nostre imprese, commerciali, industriali ed artigianali che siano, diciamo anche che quest’ultima analisi non ci convince affatto: intanto perché spesso sono proprio le categorie dei lavoratori autonomi che alimentano il doppio lavoro, traendovi lucrosi vantaggi.

Un’esempio? Vi siete mai domandati quanti tecnici o lavoratori subordinati (ingegneri, geometri, elettricisti, falegnami, ecc.) passano i loro pomeriggi nei più diversi studi professionali, o alle dipendenze di qualche piccolo imprenditore? Lo fanno perché ci guadagnano, ma anche i loro improvvisati “datori di lavoro” non hanno di che lamentarsi visto che, senza costare nulla per oneri riflessi, questi “collaboratori continuativi” producono quanto, e forse anche di più, di un dipendente normale ed in regola.

Ma potremmo citare anche le tante attività commerciali, artigianali od agricole intestate ad un familiare (spesso la moglie) e di fatto espletate da un lavoratore dipendente, pubblico o privato non fa differenza, che in quel momento assume comunque la veste di imprenditore autonomo.

Rilanciare i consumi va dunque bene, ma per farlo l’unica strada è quella di aumentare i redditi di chi oggi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, e questo si può fare o diminuendo le tasse alla famiglie più disagiate, o sostenendole attraverso l’offerta di servizi più adeguati. In entrambi i casi lo Stato deve però poter contare su risorse maggiori rispetto a quelle attuali ed un plauso va, quindi a chi, ha pensato bene di fare pagare una volta tanto questo prezzo ai disonesti che ci sono in tutte le categorie, anche fra i dipendenti.

Ciò non vuol dire che tutti i contribuenti siano degli evasori potenziali e come tali debbano essere trattati dal fisco, per cui ben venga una riforma che, basandosi su una intensificazione mirata dei controlli e ricorrendo ad un uso maggiore delle tecnologie che oggi ci permettono di fotografare il tenore di vita reale di chi denuncia redditi del tutto inadeguati, ci aiuti a stanare i troppi “furbi” che per troppo tempo l’hanno fatta franca, potendo anche contare sul vergognoso ricorrersi di condoni e depenalizzazioni.

I “furbi”, si sa, fanno male a tutti e soprattutto a chi, comportandosi correttamente, subisce gli effetti della loro concorrenza sleale: nell’interesse dei loro rappresentati anche le associazioni di categoria dovrebbero mostrarsi perciò interessate a collaborare in questa opera di legalità, difendendo le imprese sane e chi lavora con correttezza ed onestà.

E poi, se è vero, come ha accertato l’associazione degli artigiani di Mestre (la Cgia), che ogni anno vengono sottratti al fisco italiano 311 miliardi di euro, corrispondenti all’incirca ad un quarto del Pil nazionale, per scovare gli evasori dovremo forse guardare fra i lavoratori dipendenti?

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