mercoledì 10 ottobre 2007

I DATI DEL CENTRO STUDI SINTESI DANNO RAGIONE ALLA NOSTRA OPPOSIZIONE ALL’INCREMENTO SPROPOSITATO DELL’ALIQUOTA IRPEF A PERUGIA.

I DATI DEL CENTRO STUDI SINTESI DANNO RAGIONE ALLA NOSTRA OPPOSIZIONE ALL’INCREMENTO SPROPOSITATO DELL’ALIQUOTA IRPEF A PERUGIA. VA RIVISTA NEL PROFONDO LA POLITICA TRIBUTARIA E TARIFFARIA PRATICATA NEL COMUNE CAPOLUOGO

I dati consegnatici dal Centro studi Sintesi, ricavati da quelli messi a disposizione dal Ministero dell’ Interno o direttamente dai bilanci comunali, giustificano pienamente l’azione di netta opposizione che il Prc ha svolto nei mesi scorsi, sia nel corso delle assemblee popolari che furono organizzate al riguardo che in sede di dibattito consiliare, nei confronti della decisione della Giunta perugina di elevare al massimo grado l’aliquota sull’Irpef. Sostenevamo allora, e continuiamo a farlo ancor’oggi, che si trattava di un ulteriore appesantimento del già oneroso carico tributario che gravava sulle nostre famiglie (in specie su quelle che vivono unicamente di stipendi e di pensioni) e il vedere ora pienamente confermato il fatto che i perugini, anche in virtù di quel provvedimento, figurano fra i più tartassati d’Italia quanto ad imposte comunali non costituisce certo per noi motivo di soddisfazione.

Avevamo indicato strade alternative per ripianare il cosiddetto “buco di bilancio” che si era inaspettatamente verificato, prima fra le quali l’intensificazione della lotta all’evasione, che è stata praticata con qualche successo, ma che offre margini di recupero ancora inesplorati e di sicuro interesse. Ci auguriamo, perciò, che quelle nostre indicazioni, che furono all’epoca largamente ignorate, trovino una maggiore considerazione nella fase di predisposizione del bilancio di previsione per il prossimo anno. E’ necessario ragionare in maniera approfondita non solo sul carico eccessivo del prelievo fiscale locale, al quale dobbiamo larga parte del profondo malcontento popolare che si è riversato nei confronti delle istituzioni, ma anche sulla politica complessiva delle entrate che a Perugia, come pure anche in altre realtà territoriali importanti dell’Umbria, incide in maniera assai negativa sui bilanci delle famiglie. Ci riferiamo in particolare al continuo incremento delle tariffe praticata dalla totalità delle aziende, un tempo interamente pubbliche, che gestiscono servizi indispensabili (acqua, nettezza urbana, ecc.), tutte indistintamente apertesi all’apporto dei privati e conseguentemente ossessionate dal miraggio dell’utile di esercizio da conseguire per soddisfare le aspettative di questi investitori.

Criterio ispirato da una ingiustificabile smania di privatizzazione che, ahinoi, trova sovente applicazione anche nei pochi servizi che ancora sono gestiti direttamente dai Comuni, come ci conferma la denuncia formulata nei giorni scorsi dal Servizio Politiche Territoriali della Uil relativa ai costi degli asili nido comunali. Secondo questa ricerca, infatti, la retta mensile pagata a Perugia, di 271 euro, è superiore alla media nazionale di 260,2 euro e nell’ambito dei capoluoghi di regione italiani, quello umbro figura ugualmente nella parte alta di questa poco onorevole classifica.

Restando nell’ambito regionale va poi considerato che la retta mensile che si paga a Terni è di soli 2.390,9 euro, il che vuol dire che, considerati i 10 mesi di funzionamento dei nidi, mentre una famiglia perugina si sobbarca un onere complessivo di 2.710 euro, a carico di quella di Terni ne figurano solo 239,09, con un risparmio di 319,1 euro in un solo anno.

Per completezza d’informazione va aggiunto che questi costi sono stati calcolati su un campione di riferimento costituito da una famiglia composta da genitori che lavorano come dipendenti (con reddito lordo di 36.000 euro annuo e redditi ISEE di 17.812 euro), 2 figli piccoli, di cui uno frequentante l’asilo, e proprietaria di una casa di 85 mq.

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