lunedì 3 settembre 2007

BASSI SALARI ED ELEVATA INSICUREZZA: VA APERTA LA “VERTENZA UMBRA DEL LAVORO”

BASSI SALARI ED ELEVATA INSICUREZZA: VA APERTA LA “VERTENZA UMBRA DEL LAVORO”

“Il luogo di lavoro non può essere trasformato in una fabbrica di morti, di vedove, di orfani. Se abbiamo una catena ininterrotta di vittime, tutto ciò non avviene per caso: è il frutto di una cultura di morte che continua a sacrificare vittime sull’altare del profitto e del guadagno a qualsiasi costo, anche a scapito della vita umana e della dignità delle persone”.

Queste parole taglienti non sono state pronunciate da un “comunista trinariciuto” e mangiacapitalisti, bensì dal vescovo di Terni, Monsignor Vincenzo Paglia, durante il funerale di Mauro Zannori, l’operaio delle acciaierie ucciso da una pesante lastra di metallo che gli è caduta addosso e fanno impressione per la coincidenza con un’altra notizia che ci è stata data proprio in questi giorni e cioè che la Thyssenkrupp, la potente multinazionale tedesca proprietaria delle acciaierie ternane, ha registrato, nel terzo trimestre dell'anno fiscale 2006/07, un utile in aumento del 71%. Una crescita abnorme, anche considerato che nello stesso periodo il fatturato è cresciuto “solo” dell’11%, il che la dice lunga sulla forbice che in questi ultimi anni si è enormemente dilatata fra i redditi da capitale e i salari. Cifre crude che ci dicono come da un lato i lavoratori vivano ogni giorno nelle fabbriche una situazione di estrema insicurezza e precarietà, aggravata, spesso, da salari di fame, di poco superiore ai mille euro mensili, mentre, dall’altro, abbiamo la fitta schiera di “lor signori” che si spartiscono dividendi sempre più favolosi. Assieme a ciò va considerato che oggi in Italia la “paga” di un top manager è 160 volte più alta di quella di un operaio, come ben sa anche il presidente di Confindustria e della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, un “dipendente” che vede ricompensato il sudore che versa nei faticosi spostamenti con il jet executive messogli a disposizione dall’azienda (vuoi mettere i treni dei pendolari!) e nelle faticose sedute dei consigli di amministrazione che presiede, con un emolumento superiore ai 5 milioni di euro annui, e che non ha avuto scrupolo a chiamare “fannulloni” anche i suoi operai, senza che nessuno degli indignati predicatori sempre pronti a bacchettare la “casta” dei politici si sia risentito più di tanto.

La morte tragica di Mauro Zannori, che chiude momentaneamente la lunga lista degli umbri che in questo 2007 hanno perso la vita sul lavoro e che si inserisce in quella ancora più lunga nazionale che al suo nome ha aggiunto quello di altre vittime, ripropone alla nostra attenzione la miserevole condizione di vita e di lavoro degli operai. Una situazione non più tollerabile che richiede l’apertura immediata, da parte dei sindacati regionali, di una “Vertenza Umbria del Lavoro” che deve basarsi su due piloni fondamentali: la richiesta di una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro e subito dopo il recupero del potere d’acquisto che è stato perso dalle retribuzioni. La prima necessità sta nelle cifre che condannano inequivocabilmente la nostra regione, assegnandole il triste primato italiano delle morti bianche in rapporto alla popolazione: nel corso del 2006 ne abbiamo contate 26 è, dato a 100 l’indice della frequenza infortunistica complessiva nazionale (inabilità temporanea, più inabilità permanente e morte), l’Umbria ha segnato per l’Inail un 146,60 che la colloca nella cima della graduatoria, seguita da Friuli Venezia Giulia (140,52) ed Emilia Romagna (140,52). La necessità di un pronto recupero salariale è dimostrata invece dalle distanze fra profitti e salari che si sono enormemente dilatate, come ci assicura il World Economic Outlook del Fondo Mondiale Internazionale, per il quale se nel 1980 del totale dei Pil nazionali il 73,09% veniva mediamente speso per retribuire il lavoro (autonomi inclusi), nel 2005 questa quota era scesa al 63,02%.

E l’Eurispes ha calcolato da parte sua che le retribuzioni italiane sono fra le più basse in Europa e i nostri lavoratori guadagnano molto meno dei loro colleghi del vecchio continente: appena 21,03 euro mediamente per ora lavorata contro i 30,7 euro di un danese. L’Eurispes ci colloca al quart’ultimo posto, con un salario medio annuo lordo di 22.053 euro, un abisso in meno al confronto con il paese che vanta i salari più ricchi che è ancora la Danimarca, con ben 42.484 euro.

Da noi, inoltre, gli occupati a basso reddito sono tanti (pressappoco 4 milioni guadagnano meno di 700 euro mensili) e talvolta estremamente precarizzati. Una situazione che si fa particolarmente drammatica per la nostra regione, tanto che i nostri sindacati denunciano un divario di almeno il 10% fra la media delle retribuzioni italiane e quella umbra. Un dato che trova una significativa conferma sul fronte delle pensioni dove l’Umbria, con una quota pro capite annuale pari a 14.040 euro, si colloca ancora una volta al di sotto della media nazionale che è di 14.910 euro. E pensare che nella recente trattativa sulle pensioni si è tentato di far passare l’idea che gli anziani, che difendono il diritto ad un futuro dignitoso, siano contro i giovani che il loro futuro se lo vedono compromesso dall’egoismo di chi, sempre nel nome del profitto, li vuol mantenere in una eterna situazione di precarietà.

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