venerdì 4 maggio 2007

LA FAMIGLIA ITALIANA E’ STATA ABBANDONATA A SE STESSA: SPENDERE IL "TESORETTO” PER SOSTENERLA. MAGGIORI RISORSE ANCHE DALLA PROSSIMA FINANZIARIA

La Commissione Affari Sociali della Camera si sta rivelando sempre di più come una preziosa fonte d’informazione sullo stato del nostro Paese: ad esempio, il suo ultimo rapporto sulle condizioni sociali delle famiglie italiane fotografa una situazione del tutto particolare che distingue profondamente l’Italia da ogni altro Paese europeo.

Da noi, infatti, non è lo Stato che aiuta le famiglie, bensì il contrario, facendosi principalmente carico le famiglie in questione della crescita dei figli, della cura degli anziani e dei disabili, del sostegno ai giovani che tardano sempre più ad andarsene, del mantenimento dei disoccupati, ricevendo per tutto questo ben poca cosa. La colpa è delle insufficienti risorse che lo Stato medesimo dedica loro: appena il 4% del pil, la metà di quanto facciano Germania e Francia.

Ma c’è di più, perché da quello stesso rapporto emerge anche una profonda diversificazione dei modelli familiari, anche questa frutto delle difficoltà economiche: si fanno sempre meno figli tanto da farci rischiare un vero e proprio “suicidio demografico. Ma, per nostra fortuna, a correggere il dato della nostra natalità, ormai ridotta ai minimi storici, ci pensano le ben più feconde donne straniere, le immigrate.

Resta comunque il fatto che i nuclei familiari numerosi, che un tempo erano frequenti in Italia, diminuiscono inesorabilmente, mentre aumentano le persone che vivono sole (vedove e single), come pure le coppie senza figli. Ed i pochi bambini che nascono vengono sempre più concepiti al di fuori dal matrimonio: basti pensare che negli ultimi anni sono saliti dall’8,1% al 13,7% del totale, con un incremento pari al 70%; il che la dice lunga sulla crescita costante delle coppie di fatto, alle quali si continua a negare il riconoscimento anche dei più elementari diritti.

In parallelo gli anziani, tra i 74 e gli 85 anni, che vivono in coppia sono passati dal 45,5% al 50,2%. A ciò si aggiunga l’altissima percentuale (43,3%) di giovani fra i 23 e i 34 anni che ancora vivono in famiglia, scegliendo di rimanere volontariamente nell’unico rifugio che li mette al riparo da alloggi troppo cari, dalla precarietà del lavoro e dalla assoluta insufficienza degli ammortizzatori sociali che dovrebbero sostenerli nei periodi di non occupazione. A questa mancanza di autonomia va anche imputato il ritardo nel mettere su famiglia ed a procreare.

E si deve ancora alla particolare struttura delle nostre famiglie se le italiane continuano ad affacciarsi in maniera assolutamente minoritaria sul mercato del lavoro, essendo fortemente assorbite dalla cura della casa e dei suoi componenti. La conseguenza è che solo il 45,2% di esse ha un occupazione al di fuori delle mura domestiche, contro una media europea che è del 60%. Un obiettivo che difficilmente riusciremo a raggiungere, visto che ancor oggi il 20% delle italiane che lavorano deve abbandonare l’occupazione alla nascita del primo figlio.

E’, dunque, la famiglia l’anello debole della nostra società ed a sostenerla maggiormente deve provvedere senza indugi il governo dell’Unione: giusta, quindi, la decisione di spendere gran parte del “tesoretto” fiscale in loro favore, anche se riteniamo che queste nuove risorse siano ancora troppo esigue per soddisfare le infinite esigenze che attendono da troppo tempo di essere soddisfatte (servizi più numerosi ed efficienti, in primo luogo, a partire dagli asili nido; un nuovo piano per la casa; un nuovo sistema contributivo più favorevole per gli intermittenti, ecc.), per cui indichiamo anche noi la necessità di dedicare alla risoluzione di tali questioni anche larga parte della prossima Finanziaria.

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