martedì 17 aprile 2007

L’ITALIA E’ FRA I PAESI ECONOMICAMENTE PIU’ AVANZATI QUELLO CON LE MAGGIORI SPEREQUAZIONI DI REDDITO. UN BAMBINO SI TRE RISCHIA LA POVERTA’, 1 MILIONE E 500 MILA FAMIGLIE NON CE LA FANNO A SOPRAVVIVERE: VA AVVIATA UNA LUNGA FASE DI REDISTRIBUZIONE DELLE RISORSE

L’Italia è tra i paesi del mondo economicamente avanzato quello che ha la più alta sperequazione dei redditi, il che giustifica il diffuso scetticismo riguardo al dato medio nazionale del benessere calcolato dall’Istat che ben si esprime nel famoso esempio “del pollo a testa” che spetterebbe ad ognuno di noi, ma che, nella realtà, molti non se lo vedono mai servire perché c’è chi si è beccato anche la loro parte,
A testimoniare questa assurda sperequazione, che rende quanto mai attuale la richiesta di Rifondazione Comunista di avviare con urgenza una non più rinviabile fase di redistribuzione del reddito, ci ha pensato la Commissione Affari sociali della Camera che ha condotto una approfondita indagine al riguardo, arrivando alla conclusione che negli ultimi 30 anni si è fortemente accresciuto nel nostro Paese il gap tra ricchi e poveri, tanto che ormai un minore su tre rischia la povertà.
La spiegazione di questo fenomeno sta nel progressivo e costante incremento dei costi dei beni, dei servizi e delle prestazioni, al quale hanno fatto da contraccolpo una accresciuta precarietà nel lavoro ed un livello estremamente basso di gran parte dei salari e delle pensioni per cui, ad un nucleo minoritario di agiati e ad uno strato abbastanza consistente di famiglie che, potendo contare su almeno due redditi, non se la passa troppo male, fa da riscontro una massa sempre più vasta di nuclei familiari senza occupati (sono circa 650mila in Italia) o con occupati a basso reddito (sono pressappoco 4 milioni i lavoratori che guadagnano meno di 700 euro mensili) e talvolta estremamente precarizzati. In questo quadro di estrema difficoltà (sono 1 milione e 500 mila le famiglie italiane in condizioni di forte disagio economico) faticano particolarmente gli anziani con la pensione minima, i giovani che non riescono ad inserirsi in maniera permanente nel mercato del lavoro, i lavoratori con bassi livelli di istruzione che non riescono a valorizzare sufficientemente, in una società della conoscenza sempre più complessa, il loro capitale umano.
Fortemente incidente al riguardo anche il caro-casa, dai mutui per l’acquisto di un abitazione agli affitti che sono balzati alle stelle, soprattutto nelle città, mettendo in ginocchio in particolare le famiglie con figli, in specie se piccoli.
Nel documento elaborato dalla Commissione si afferma al riguardo che un solo figlio con meno di 6 anni fa lievitare la spesa familiare del 19,4%, perciò è facilmente intuibile la condizione vissuta da chi ha una prole ancora maggiore, che diventa insostenibile a partire dal terzo figlio.
Particolarmente allarmante è poi la situazione nelle aree più povere del paese, nel Sud in particolare, dove la povertà investe ormai il 40% dell’intero valore statistico nazionale e che “colleziona” conseguentemente oltre il 70% delle famiglie con figli che non ce la fanno più a tirare avanti.
Difficoltà che sono aggravate da una ancora insufficiente rete di protezione sociale pubblica, malgrado questa sia sostenuta dagli apporti assicurati da una pluralità di attori, anche privati.
Prendiamo, ad esempio, i nidi, che pure sono aumentati di numero in maniera consistente, grazie alla iniziativa delle Amministrazioni comunali (erano circa 140mila nel 1988, sono circa 221mila oggi) ed ancor più, fattore questo non certo particolarmente tranquillizzante, dei privati che hanno deciso di investire in questo settore e che rappresentano ormai la metà del totale. Nel loro complesso restano comunque assai lontani dal soddisfare la domanda totale, visto che appena il 20% dei nostri bambini li frequenta e la ragione di ciò sta nel loro costo troppo oneroso per la maggioro parte delle famiglie che per queste ragioni sono costrette a rinunciarvi.
Per non parlare, poi, dei nuclei familiari che assistono un invalido od un anziano malato, alle quali né lo Stato, né le istituzioni locali, assicurano sufficienti supporti di assistenza a causa di una spesa sociale che in Italia appare fortemente sottodimensionata rispetto alle necessità: si consideri che il nostro investimento complessivo per le funzioni sociali è per quasi la metà assorbito dalla sanità, per oltre un terzo è destinato all’istruzione e solo il 17% va all’assistenza sociale che risulta essere il settore più arretrato del nostro paese. Tutto ciò quando l’aspettativa di vita si è fortemente accresciuta ed è quindi fortemente aumentato il numero degli anziani.

Seja o primeiro a comentar

Posta un commento

Lettori fissi

Stefano Vinti © 2008. Template by Dicas Blogger.

TOP