mercoledì 27 dicembre 2006

5 ANNI DI GUERRA IN IRAQ


IL TRAGICO BILANCIO DI OLTRE 5 ANNI DI GUERRA IN IRAQ: RADDOPPIATE LE PERDITE USA DELLE TORRI GEMELLE; 600 MILA IRACHENI UCCISI E NUMEROSE CITTA’ DISTRUTTE; LA VENDETTA NEI CONFRONTI DI SADDAM HUSSEIN

Appartengono certamente alla categoria dei “facili profeti” quanti, in ogni parte del mondo, si sono battuti con generosità opponendosi alla proditoria aggressione all’Iraq, ammonendo il governo americano ed i suoi alleati a non cacciarsi in un’avventura che avrebbe prodotto solo lutti e distruzioni.

Questo è ciò che è puntualmente accaduto, senza che sia stata minimamente scalfita la pericolosità del terrorismo internazionale che, anzi, si è ulteriormente rafforzato, potendo reclutare nuovi adepti che ne hanno accresciuto la capacità di azione, tanto da riuscire a seminare morti e distruzione anche nel cuore dell’Europa.

Oggi, a poco più di cinque anni di distanza dal feroce attentato dell’11 settembre 2001, il numero dei soldati americani che hanno perso la vita in Iraq (2.975) ha superato quello delle vittime civili delle torri gemelle, senza considerare i 143 mercenari che hanno ugualmente lasciato la vita in Iraq e le numerose vittime che piangono gli altri contingenti militari che hanno sostenuto questa invasione, Italia inclusa, che è stata spinta a partecipare a questa impresa da un governo servile che ha ignorato i milioni di cittadini che manifestavano per la pace in tutte le piazze del Paese.

Ancora più drammatico ed impressionante è poi il bilancio di sangue sofferto dal popolo iracheno, con oltre 600 mila morti, al quale si è accompagnata la distruzione di tante città e dell’economia di una intera nazione, così da ridurre alla fame e alla miseria più di 25 milioni di persone. Un Paese, l’Iraq, ormai dilaniato da un’inarrestabile guerra civile che vede ferocemente contrapposte fazioni ostili che, spinte dall’odio e dal rancore, puntano a sopraffarsi così da offuscare ogni prospettiva di pacificazione almeno nel breve e medio periodo.

Per nostra fortuna il governo di centro sinistra, che è subentrato al gabinetto Berlusconi, ha pienamente onorato l’impegno assunto nel suo programma relativamente al completo ritiro della nostre truppe dall’Iraq, ma rimane comunque impresso sul nostro Paese, come marchio indelebile di vergogna, il sostegno che per lungo tempo abbiamo assicurato a questa criminale impresa che riceve oggi il suo ultimo sigillo con la condanna a morte dei dittatore Saddam Hussein.

Una condanna che il governo americano cerca vanamente di giustificare ammantandola con nobili ed inesistenti motivi giuridici, trattandosi in realtà di una chiara vendetta operata dal vincitorei nei confronti del vinto di turno che, non lo dobbiamo dimenticare, è stato attaccato prendendo a pretesto un suo inesistente legame con Al Qaeda ed un altrettanto inesistente possesso da parte sua di pericolose armi di distruzioni di massa.

Ora quegli stessi aggressori cercano disperatamente una via onorevole per uscire dal ginepraio nel quale si sono cacciati volendo seguire una logica che, anziché stabilizzare quella parte del mondo particolarmente irrequieta, ha finito per infiammarla ancora di più: il timore e la beffa finale sarebbe il ricorso da parte loro ad un nuovo “uomo forte”, da sostenere ed armare ancora più e meglio di Saddam, con la speranza che sappia rapidamente ristabilire quell’ordine basato sul terrore che hanno distrutto e fermare così una apparentemente inarrestabile deriva.

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