martedì 29 agosto 2006

MANOVRA FINANZIARIA: NON TAGLI MA SOSTEGNO ALLO SVILUPPO.

MANOVRA FINANZIARIA: NON TAGLI MA SOSTEGNO ALLO SVILUPPO. PRETENDERE DALL’EUROPA UN RIENTRO PIU’ GRADUALE DEL DEFICIT

Che direste di una banca che, dopo aver fatto credito per anni e senza alcuna garanzia ad un imprenditore insolvente e che ha sperperato tutto il denaro ricevuto fino a spingere la sua azienda sull’orlo della bancarotta, tutt’ad un tratto si mette a tartassare il nuovo proprietario che quell’azienda ha rilevato e che si è messo di buzzo buono per rimetterla in sesto?

Come minimo che quella banca è stata complice del bancarottiere e che continua a comportarsi scorrettamente, con il palese intento di far fallire il suo successore.
E’ quanto stanno facendo le autorità europee nei confronti dell’Italia.

In questo caso il bancarottiere è il “creativo” ex ministro dell’economia di Berlusconi, Giulio Tremonti, al quale per cinque anni sono state approvate da Bruxelles, senza battere ciglia, tutte le leggi Finanziarie (ve la ricordate la prosopopea con la quale sosteneva, durante la campagna elettorale, che i conti dell’Italia erano perfettamente a posto, tant’è che erano stati certificati da Bruxelles?) che si basavano su spericolate ed apertamente inattendibili operazioni contabili, fino a che abbiamo chiuso il 2005 con un rapporto deficit-Pil al 4,1%. I nuovi amministratori che vorrebbero far fallire sono invece gli attuali governanti, ai quali Bruxelles è tornata ad imporre il rientro del deficit al di sotto del 3% entro la fine del 2007, come concordato con lo stesso Tremonti.

Non importa se per fare questo si dovranno imporre nuovi pesanti sacrifici agli italiani, dovendo eventualmente intervenire su pensioni, sanità, pubblico impiego ed enti locali. E quando ci riferiamo a Bruxelles ci riferiamo alle stesse persone, in primis il commissario agli affari monetari Almunia, che furono tenere e comprensive con Tremonti. Noi diciamo senza mezzi termini che questi signori non sono credibili, non hanno l’autorità morale per pretendere tanto.

L’Italia, come ha fatto giustamente notare il sottosegretario allo sviluppo economico Alfonso Gianni, esce da una lunghissima stagnazione (il 2005 si è chiuso con la crescita zero) e solo ora cominciano ad avvertirsi i primi segnali di una timida ripresa. Insomma il malato sta per uscire dalla convalescenza e va aiutato a ristabilirsi del tutto.

Ergo l’avanzo primario che ci sarà, dovrà essere impiegato per aiutare questa ripresa. Come? Sostenendo le imprese che producono e non più quelle che fanno solo speculazioni finanziarie, e sostenendo anche le famiglie per incrementare la domanda interna, ovvero i consumi popolari. Tagliando, come vorrebbe l’Europa (20 miliardi di euro su una manovra complessiva di 35), e come vorrebbero anche alcune Cassandre nostrane, ci daremmo invece solo la zappa sui piedi.

Ci sono tutti gli elementi per fare questo, basta “spalmare”, per usare un termine oggi di moda, la manovra di rientro in due anni e non più in uno solo, rimandando il tutto al 2008. Il tempo necessario affinché gli interventi possibili a sostegno dello sviluppo economico producano gli effetti sperati: i 19,6 miliardi di euro incassati in più dal fisco nei primi sei mesi di quest’anno (segno che la lotta all’evasione fiscale ha cominciato a produrre i primi effetti) possono agevolare questa impresa, senza che gli italiani debbano versare ancora “lacrime e sangue”.

E’ per questo che insistiamo nella richiesta ai ministri economici di imboccare con decisione questa strada e ci consola il fatto che anche altri comincino a ritrovarcisi.

Con Bruxelles va certamente cercato un accordo in questo senso, ma la ritrovata autorevolezza dell’Italia e del suo governo, dimostrata anche sulle vicende del Libano che ci hanno ricollocato al centro della politica Europea, è una carta pesante che possiamo far valere nei confronti di chi la sua autorevolezza l’ha invece perduto chiudendo entrambi gli occhi davanti alle nefandezze compiute dal governo di centro destra.

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