martedì 6 marzo 2007

SENZA UN’ADEGUATA ISTRUZIONE IL PAESE REGREDISCE: SEMPRE MENO RISORSE VENGONO DESTINATE A SCUOLA E UNIVERSITA’. INVERTIRE LA TENDENZA PER RECUPERARE LE POSIZIONI PERDUTE. SI’ AL “MEMORANDUM SULLA SCUOLA” E AL RINNOVO DEL CONTRATTO

Le cifre sfornate ancora una volta dall’Istat sono lì, nude e crude, a confermarci una dolorosa realtà. In Italia si spende sempre meno per l’istruzione e la diretta conseguenza di tutto ciò è stata una secca perdita di posizioni a livello internazionale anche dal punto di vista del peso economico.

E’ proprio il caso di dire che un Paese che non investe a sufficienza per la scuola e l’Università non va lontano, ma è destinato ad un inevitabile declino. Cosa questa che hanno compreso meglio di noi i paesi emergenti, assai più attivi sullo scacchiere internazionale, come la Cina e l’India, che destinano risorse sempre maggiori per sviluppare il loro sistema educativo ed in particolare per incentivare la ricerca.

Non si deve quindi al caso se il loro peso economico a livello internazionale si sia fatto sempre più rilevante. Ma non solo, perché un’analoga esigenza è ben presente anche in altre realtà meno dinamiche, come ad esempio i Paesi dell’America Latina, che fanno leva su questa risorsa per cercare di uscire dalla loro condizione di sottosviluppo.

Una lezione salutare che non è stata però recepita dai passati governi italiani, stando al fatto che dal 1990 al 2005, pur essendo cresciuta in termini assoluti (anche se non in misura più ridotta che altrove) la ricchezza prodotta dall’Italia, e di conseguenza si sono anche incrementati gli investimenti complessivi, in termini percentuali la nostra scuola e le nostre università hanno ricevuto invece sempre meno.

Tanto per dirne una, se nel 1990 destinavamo all’istruzione il 12,6 per cento della nostra spesa complessiva, nel 2005 questa fetta è scesa al 10,6 per cento. E le cose non cambiano se il calcolo lo facciamo prendendo a riferimento il prodotti interno lordo: secondo l’Ocse, infatti, nel 2005 eravamo scesi al 4,7 per cento del pil, contro il 5,5 per cento di quindici anni prima.

Questo il frutto di 15 anni di continui tagli, un trend che si è particolarmente accentuato nel quinquennio di governo delle destre, tant’è che si calcola che al nostro sistema dell’istruzione siano stati sottratti solo in questo periodo, in via diretta e indiretta, qualcosa come 12 miliardi di euro che avrebbero rappresentato una vera e propria manna dal cielo per le casse dissanguate di scuole e università che in questi tempi duri faticano persino a pagare gli stipendi dei supplenti e i detersivi per le pulizie.

E questa politica miope, che stenta a modificarsi anche con l’attuale governo, ci ha allontanati pericolosamente non solo dall’Europa, ma anche dalla comunità più vasta rappresentata dai 32 paesi aderenti all’Ocse, dove, per dirne solo una, la media complessiva degli investimenti per l’istruzione era al 5,2 per cento del pil nel 2003. Senza contare Francia, Danimarca e Finlandia che veleggiano sul 6 per cento, una quota assolutamente siderale per noi.

Il male è, dunque, grave e va combattuto con urgenza se vogliamo veramente rimettere in salute, presto e bene, il nostro paese. Un primo segnale di rinnovata attenzione in questo senso, da noi fortemente auspicato perché eviterebbe oltre tutto la proclamazione di uno sciopero quanto mai doloroso, sarebbe rappresentato da una pronta risposta alle questioni avanzate dai sindacati di categoria, e contenute nel cosiddetto “memorandum sulla scuola”, fra le quali figura, ovviamente, anche il rapido rinnovo del contratto nazionale di lavoro.

Seja o primeiro a comentar

Posta un commento

Lettori fissi

Stefano Vinti © 2008. Template by Dicas Blogger.

TOP