PERCHE I CERVELLI ITALIANI SE NE VANNO ALLESTERO? LO STATO DISATROSO DELLA NOSTRA RICERCA SCIENTIFICA
Erano più di mille i ricercatori italiani che, in rappresentanza dei 28.000 che in tutta Italia avevano aderito alliniziativa, hanno protestato nei giorni scorsi davanti alla sede romana del Cnr per chiedere una gestione democratica di questo organismo e denunciare il perdurare di una situazione di stenti che ci ha relegato ormai ai margini dellEuropa.
Una ricerca, quella nostrana, che si barcamena in una gestione fallimentare e clientelare che induce un numero sempre crescente delle nostre migliori menti a cercare rifugio oltre i confini del paese. Un "buco nero" nella politica del governo di centrodestra che ha portato alla cancellazione della "dimensione continentale" della nostra ricerca, rendendo urgente il rilancio anche in questo settore di una seria politica di europeizzazione al fine di eliminare una debolezza che ci condanna alla emarginazione.
Un esempio delle politica miope del governo di centro destra? Solo l'Italia e la Polonia si sono opposte all'istituzione di un Consiglio europeo della ricerca governato dagli stessi ricercatori, per porre al suo vertice esclusivamente i ministri che, anziché programmare e favorire la ricerca, si preoccuperanno di continuare il tran tran di sempre per mantenere saldo il loro pieno controllo in materia.
Il fatto è che lItalia, non paga di scontare da tempo un forte ritardo in Europa e nel mondo per numero di laureati (appena 12 su cento nella fascia detà 23-34 anni, contro i 24 di Spagna e Paesi Bassi, i 22 della Danimarca, i 21 della Gran Bretagna, i 20 dellIrlanda e della Svezia e via scendendo), ha accumulato lo stesso divario per numero di dottorati (appena lo 0,5% sulla medesima fascia di età, contro il 2,7% della Svezia, il 2% della Germania, l1,8% della Finlandia, ecc.) e per numero di ricercatori che sono appena il 2,8 per mille sul totale dei lavoratori (rispetto ad una media continentale che è del 5,4 per mille), la gran parte dei quali oltre tutto con contratti a tempo determinato e con paghe di vera fame: appena 840 euro mensili di media contro, ad esempio, i 1.800 della Svezia, i 1.650 della Danimarca, i 1.500 del Belgio che guidano questa particolare classifica.
Quanto siano mal pagati i nostri ricercatori lo comprendiamo bene se consideriamo che perfino il Portogallo (980 euro) e la Spagna (850 euro), che pure stanno al di sotto della quota 1.000, trattano i loro ricercatori in maniera più equa.
Il perché di questo stato di cose lo si comprende bene se guardiamo alla spesa che lItalia dedica per finanziare la sua ricerca scientifica, corrispondente ad appena l1,07% del nostro Pil. Ancora una volta siamo assai distanti dalla media Ue che è dell1,94%. Se facciamo il paragone poi con gli altri grandi Paesi dellUnione ne usciamo con le ossa rotte, considerato che in Germania per questa voce si spende il 2,53% del Pil ed in Inghilterra l1,85%. E, come è noto, tanto il Pil tedesco che quello inglese sono in termini volumetrici assai più elevati del nostro.
Da tutto ciò consegue il fenomeno, richiamato allinizio, della fuga allestero dei nostri migliori cervelli, la cui preparazione ci è comunque costata non poco, e consegue anche il fatto che siamo assai indietro per numero di pubblicazioni scientifiche e di brevetti prodotti ogni anno, il che mette la nostra industria in grande difficoltà, non potendo caricare la sua produzione di quei contenuti tecnologici che possono metterla al riparo dalla forte concorrenza dei paesi emergenti che puntano tutte le loro carte sulla sola risorsa che possiedono in abbondanza: quella di una mano dopera a costo bassissimo.
Questa nostra difficoltà emerge chiaramente se ci confrontiamo con la Finlandia, paese della Ue nel quale conoscenza e capacità fondate sullistruzione sono da tempo parte di una cultura diffusa, nonché fattori chiave della produzione, con ciò assicurando allo stato scandinavo lenergia necessaria per affrontare e vincere le sfide poste dalla globalizzazione. I dati in merito sono inconfutabili: già nel 2000 linvestimento finlandese in ricerca corrispondeva al 3,4 del Pil nazionale, oltre il 70% del quale finanziato dal settore privato (a fronte del 43% italiano). In Finlandia alla fine del 2002 cerano già 2,8 dottori ogni mille giovani di 25-34 anni e tutto ciò ha fatto sì che lexport di prodotti finlandesi ad alto contenuto tecnologico sia cresciuto del 25,4% nellarco di un quinquennio, mentre negli stessi anni quello italiano è diminuito del 25,5%.
martedì 4 aprile 2006
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