DALL’ISTAT UNA CONFERMA: LE PENSIONI ITALIANE SONO DA FAME E QUELLE UMBRE ANCORA PEGGIO
DALL’ISTAT UNA CONFERMA: LE PENSIONI ITALIANE SONO DA FAME E QUELLE UMBRE ANCORA PEGGIO (ASSEGNO MEDIO MENSILE DI SOLI 777 EURO)
I dati non sono recentissimi, ma sono gli ultimi disponibili e ce li ha forniti ancora una volta l’Istat che ha calcolato il peso delle pensioni in Italia, regione per regione, alla fine del 2005.
Ebbene, a leggere la relativa tabella si ricava subito un dato non certo lieto per noi: l’Umbria, con una media annua di 10.106,49 euro per pensionato si colloca al di sotto del dato nazionale che è di 10.790,24 euro, con una “rimessa” rispetto al pensionato medio italiano (meridione compreso) di 683,75 euro che nella vecchia moneta corrisponde all’incirca 1.325.000 lire. Calcolate voi, poi, quale sia la rimessa sulla media del centro Italia che è di 11.400,59 euro, la più altra fa le diverse aree geografiche del Paese, essendo fortemente influenzata dal dato laziale (12.898,57 euro) che è il più elevato in assoluto fra tutte le regioni italiane. In sostanza, fra il pensionato medio umbro e quello laziale ci corrono 2.792,08 euro, qualcosa di più di 5.400.000 lire all’anno.
Dalla stessa tabella Istat si ricava anche che l’Umbria occupa il penultimo posto fra le regioni del centro-nord per consistenza dell’assegno medio pensionistico, seguita solo dalle Marche (9.394,47 euro), ma questa mancata “maglia nera” non ci consoli, visto che a precederci nella graduatoria nazionale sono anche due regioni esterne all’area geografica che viene solitamente indicata come quella più economicamente sviluppata del Paese: per la precisione la Puglia (10.187,17 euro) e la Sardegna (10.365,07 euro).
Pur trattandosi di un dato complessivo, comprendente tutti i tipi di pensione esistenti in Italia (anzianità, vecchiaia, dirette, complementari, ecc.), tenuto conto dell’incidenza che la componente lavoro ha sulla loro formazione, si può anche dire che i dati Istat confermano pienamente un’altra tesi che noi andiamo sostenendo da tempo, in ciò pienamente d’accordo con le principali centrali sindacali: ovvero che anche le retribuzioni umbre sono sensibilmente sottostimate rispetto alla media nazionale e tanto più rispetto a quelle delle regioni più economicamente sviluppate del centro-nord.
La riprova di ciò l’abbiamo leggendo un’altra tabella che ci è stata fornita dall’Istat: quella relativa alle pensioni dirette che si riferiscono esclusivamente alla vita lavorativa di ciascun individuo, per le quali l’Umbria, con i suoi 11.345,41 euro di media annui, si colloca ancora una volta al di sotto della media nazionale che è di 12.156,40 euro. Anzi, in questo caso il raffronto diventa ancora più impietoso per noi, salendo la differenza a nostro sfavore a quasi 811 euro (circa 1.570.000 delle vecchie lire). Per non parlare, poi, della media del centro Italia (12.848,23 euro) e della Lombardia (12.996,99) che in questo caso subentra al Lazio come regione italiana più ricca.
Un’ altra considerazione riguarda il trattamento pensionistico estremamente punitivo riservato alle lavoratrici, essendo i loro assegni pensionistici notevolmente più poveri rispetto a quelli incassati dai loro colleghi maschi.
Per quanto riguarda l’Umbria, per esempio, alla media generale di 13.395,17 euro annui riscossi dai pensionati uomini corrispondono i 7.607,89 spettanti alle pensionate donne (-5.787,28 euro). Un divario che si conferma in peggio anche per le pensioni dirette, visto che in questo caso la media degli uomini è di 14.149,10 euro e quella delle donne di soli 8.123,76 euro (-6.025,34 euro).
D’accordo, l’età pensionabile per le donne è fissata a 60 anni, cinque in meno rispetto agli uomini, ma questo non vuol dire che in genere lavorino meno, visto che –è sempre l’Istat che ce lo dice- le nostre compagne, cumulando le ore passate nel luogo di lavoro agli impegni domestici, faticano assai più nell’arco di una giornata. Quanto? In media alle 6 ore e 1 minuto al giorno di lavoro e studio dei maschi, domeniche e festività comprese, corrispondono le 7 ore e 26 minuti delle donne: ovvero 1 ora e 25 minuti in più ogni 24 ore di media che, rapportate ai 365 giorni dell’anno, fanno 425 ore in più pitte pitte. Il che vuol dire che il vantaggio di 5 anni che concediamo loro sull’età pensionabile è più che compensato.
Resta, comunque, il fatto che le pensioni italiane sono estremamente basse, per la gran parte da fame, visto che se dividiamo l’assegno medio annuo per 13 rate (gratifica natalizia compresa), otteniamo, a livello nazionale, una mensilità di appena 830 euro (uomini 1107, donne 621), mentre per l’Umbria scendiamo a 777 euro (uomini 1.030, donne 585). E pensare che per tanti buontemponi i nostri pensionati peserebbero troppo sulle finanze dello Stato ed i loro lauti compensi metterebbero in pericolo le sorti future dei giovani che si affacciano adesso sul mercato del lavoro!
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